Milano Per Luca Frigerio, presidente di Federgioco (nel tondo), il decreto non risolve i veri problemi.
«Il limite di 500 metri è solo un primo passo: va bene allontanare le macchinette dalle scuole, ma poi si controlla chi ci gioca? Nei casinò aderenti alla nostra federazione, come avviene in tutta Europa, c'è una serie di controlli all'ingresso, con identificazione e allontanamento dei minorenni, applicando correttamente la normativa antiriciclaggio. E i gestori delle sale giochi dovrebbero essere obbligati a fare altrettanto».
Ma la legge che cosa prevede?
«Il problema è che in Italia non esiste una legge organica sul gioco d'azzardo, ma un proliferare di decreti, a cominciare dal decreto Bersani che ha liberalizzato il mercato delle scommesse e dei giochi online, e definire regole univoche è molto difficile. La Rete in particolare è un mondo completamente aperto e non si riesce a regolamentarlo più di tanto».
La legge però si pone almeno l'obiettivo di controllare i videopoker «fisici», quelli che si trovano nei bar o nelle sale giochi.
«Solo da noi però: all'estero, intendo dire in Francia, in Germania, in Olanda, quindi i Paesi europei più avanzati, questi giochi, che sono più rischiosi per la dipendenza, non esistono se non nei casinò, quindi soggetti a controlli. Il gioco d'azzardo esiste dappertutto: ma nelle nazioni in cui è controllato e gestito si creano appunto i casinò, di solito in zone depresse per svilupparle anche turisticamente».
Ma quanto denaro inghiottono queste macchinette?
«Solo nei primi sei mesi di quest'anno nei cosiddetti apparecchi, cioè slot machine, videolottery e affini, si è giocato per 24,2 miliardi di euro: praticamente la metà degli incassi totali dei giochi legali in Italia, un mercato che vale circa 90 miliardi l'anno, compreso il gioco online».
Quindi il governo chiude la stalla quando sono scappati i buoi?
«Guardi, noi come Federgioco vorremmo davvero che ci fosse una legge specifica, attuando le normative europee con controlli seri, anche per bloccare chi del gioco fa una malattia. E speriamo che lo si faccia presto».
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