Cosa nasconde la faida su Gaza a "Repubblica"

Nel testo di rivendicazione delle ragioni umanitarie dei palestinesi rispetto alle posizioni del governo israeliano si chiamava in causa anche la presunta inazione del governo di Giorgia Meloni e si chiedeva che l'Italia smettesse la sua collaborazione militare con Tel Aviv

Cosa nasconde la faida su Gaza a "Repubblica"
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Repubblica riesce nel capolavoro di spaccare redazione, direzione e proprietà sulla guerra tra Israele e Hamas a Gaza, a una settimana dalla manifestazione del 7 giugno che ha contribuito a organizzare nel tentativo (vano) di fare da sintesi tra le varie anime della sinistra. Le dimissioni in massa del Comitato di redazione, prima con Matteo Pucciarelli poi a seguire con gli altri membri, mettono a nudo le differenti sensibilità del quotidiano diretto da Mario Orfeo sul conflitto in corso. E, a quanto pare, la distanza ormai siderale con la direzione e la proprietà della famiglia Elkann, probabilmente spaventata dalle possibili conseguenze di un comunicato battagliero che qualcuno ha cercato di modificare fuori tempo massimo.

Nel testo di rivendicazione delle ragioni umanitarie dei palestinesi rispetto alle posizioni del governo israeliano - approvato a tarda sera con 132 sì, 3 no e 18 astenuti - si chiamava in causa anche la presunta inazione del governo di Giorgia Meloni e si chiedeva che l'Italia smettesse la sua collaborazione militare con Tel Aviv.

È probabilmente questo il passaggio che uno dei vicedirettori (che al Giornale risulta essere Stefano Cappellini, nella foto) ha cercato di modificare una volta che l'assemblea dei giornalisti - non senza un lavoro di limatura complesso, a testimonianza anche delle differenti sfumature sul conflitto interne alla redazione - aveva ormai messo ai voti.

Dietro il blitz del vicedirettore, che non è chiaro a nome di chi abbia agito, è partita una seconda, lunghissima trattativa che ha fatto saltare il banco, con il direttore Orfeo che si è limitato semplicemente a chiamarsi fuori dalla contesa.

Sullo sfondo c'è la paura della proprietà di mettersi ulteriormente in ostilità non tanto con Palazzo Chigi quanto con il Paese mediorientale. Perché un conto è rivendicare i diritti dei civili e dei bambini ostaggio di un conflitto perenne, un altro è mettere in discussione il diritto del Paese a difendersi. Si sa, dal rischio Islam e dal terrorismo islamico l'Europa si difende dalle mura d'Israele. Sostenere il contrario sarebbe un messaggio pericolosissimo per un giornale che già qualche giorno fa a proposito del «fuoco amico» dell'Idf contro una delegazione diplomatica titolava «Israele spara sugli italiani».

Gli Elkann sarebbero spaventatissimi dalle ripercussioni sull'ordine pubblico e dalla possibilità - molto concreta - che la manifestazione pro Gaza si trasformi nell'ennesimo, sinistro palcoscenico da offrire a violenti, antagonisti, estremisti e anarchici.

Appare inevitabile che l'egida di Repubblica dia comunque valore politico, sostanza e forza ai probabilissimi slogan antisemiti, con un irreparabile danno reputazionale per la testata. Gravissimo sarebbe se gli incidenti e gli scontri tra forze dell'ordine e manifestanti, che appaiono altrettanto inevitabili, dovessero avere conseguenze serie.

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