Cossiga crocifisso dalla sinistra ma non abusò mai dei suoi poteri

Al Picconatore non sarebbe mai venuto in mente di negare al Paese libere elezioni come invece sta facendo il successore

Cossiga crocifisso dalla sinistra ma non abusò mai dei suoi poteri

Quando Silvio Berlusconi tornò a Roma dopo il summit in cui era stato sbeffeggiato dalla Merkel e da Sarkozy, per puro caso io ero a Palazzo Grazioli per un appuntamento già preso: avevo un mio libro appena uscito e volevo dargliene una copia. Il premier italiano era disfatto ma compatto, per così dire. Colpito a sangue ma non morto. Disse però che non aveva più voglia di far politica. Aggiunse: «È incredibile: quando arrivo io in una riunione all'estero, tutti hanno già parlato con Napolitano. Obama aveva già parlato con Napolitano, e così il presidente francese e la cancelliera tedesca. Bypassato, scavalcato da un signore che non ha alcuna responsabilità di governo e che dovrebbe essere la figura terza. Che ne sa Obama - o magari lo sa benissimo - che in Italia il presidente della Repubblica è una figura di garanzia e non di governo?». Tutti sapevano già che il suo successore era già deciso: il professor Mario Monti, che di lì a poco sarebbe stato ordinato cavaliere dal re, cioè senatore a vita dal presidente (fatto inaudito, cioè mai udito) prima di essere consegnato a Palazzo Chigi.
Ma, mi disse quella sera Berlusconi, già da tempo qui viviamo in regime di presidenzialismo: Napolitano non passa decreti legge se non quelli che decide lui, vuole mettere bocca su tutto e il primo ministro viene trattato come un subalterno, anche se è stato votato da milioni di italiani.
E così fu: il Quirinale fu trasformato nell'Eliseo, Palazzo Chigi nel Matignon e Napolitano veniva ormai chiamato re Giorgio. Berlusconi veniva perentoriamente convinto a dimettersi. L'Eliseo applaudiva. Berlino stappava birra millesimata e alla Casa Bianca si prendeva nota. Adesso abbiamo, grazie al giornalista Friedman che ha parlato con Monti, Prodi e Carlo De Benedetti, editore del gruppo Espresso-Repubblica e capo di quello che da tempo viene chiamato «partito di Repubblica», un ampio retroscena che conferma i peggiori sospetti, peraltro molto solidi fin dall'inizio.
È subito nata una questione cavillosa sulla liceità dei colloqui del presidente della Repubblica con questi signori al fine di silurare il capo del governo in carica e farlo fuori avendo la sostituzione già pronta. La questione giuridica è di lana caprina, ma quella politica è di filo di ferro: un presidente della Repubblica, mai e in nessun caso, è autorizzato a promuovere, facilitare, sviluppare - usate il verbo che volete - la cacciata di un capo di governo figlio di elezioni politiche vinte, per sostituirlo con un accademico prestigioso con un passato come commissario europeo.
Chiamarlo colpo di Stato non aggiunge e non toglie nulla ed è una formula che i grillini hanno inflazionato e dunque appannato. Io so, essendo stato molto vicino al presidente Francesco Cossiga dal 1990 alle sue dimissioni, che una cosa del genere non sarebbe mai stata neppure concettualmente possibile allora, anche perché i post comunisti del Pds lo braccavano: Enrico Berlinguer, suo cugino, non ebbe un attimo di esitazione a mettere Cossiga in stato d'accusa - che poi venne ritirato - commentando il legame di parentela in modo sprezzante: «Coi cugini, a Pasqua, ci si mangia l'agnello. Poi basta».
Cossiga ebbe il torto di prevedere il disfacimento della prima Repubblica a causa del disfacimento del nemico sovietico e del suo impero. Il massimo dell'eversione cossighiana fu quella di assestare «picconate» al sistema, termine che inventò alla presentazione di un mio libro su di lui. Cossiga picconava, orde di suoi nemici di sinistra si riversavano per le strade insultandolo, ma mai a Cossiga sarebbe passato per la mente di negare al Paese il diritto alle elezioni generali. Anzi, era molto propenso - per carattere - a tagliare i nodi gordiani della politica italiana con il ricorso alle urne.
E Napolitano? Riuscì a intortare tutte le anime belle italiane, più quelle losche e ipocrite, dando a bere che «i mercati» - forse quelli del rione Monti - non avrebbero potuto sopportare una campagna elettorale. Fu una balla demenziale: nello stesso periodo la Spagna decise di andare alle urne entro Natale, e lo fece. Con ottima pace dei mercati e dei mercatini. No, la verità è che Napolitano aveva deciso di fregarsene altamente di quell'impaccio costituzionale rappresentato dal popolo elettore, perché aveva già costruito una sua corte: il gran ciambellano Mario Monti non era soltanto il primo ministro in pectore, ma anche il suo successore in pectore. Avevano deciso la staffetta. Fra uno che era stato eletto soltanto dagli eletti parlamentari e un altro che non l'aveva eletto nessuno. Per fortuna nostra Monti per eccesso di cotonatura cerebrale mandò tutto all'aria, distrusse il patrimonio di immagine che si era fatto con i loden e finì capo di un partitino ennesimo, vario ed eventuale.
Fu questo un complotto o una cialtronata? Un colpo di Stato in giacca e cravatta, o una serie di comportamenti inaccettabili, narcisistici, inqualificabili? Io personalmente ho sempre pensato e l'ho detto mille volte in televisione prima che il fatto accadesse davvero, che soltanto Giorgio Napolitano poteva succedere a se stesso, ma non perché fosse buono, bello, generoso, santo-subito e pre-papa Francesco. No, il motivo per cui Napolitano dovette succedere a se stesso fu che lui e lui soltanto poteva e doveva sbrogliare l'indecente matassa di errori, invenzioni, forzature e fughe in avanti (e indietro) che lui stesso aveva creato con le sue presidenziali manine. E dunque, quando i politici compreso Berlusconi andarono a chiedergli di restare, non supplicarono in ginocchio implorando sua maestà, ma gli dissero: egregio signore, tu hai fatto la frittata e adesso te la mangi.
Il resto è altra cronaca orrenda: i mesi di spread persi dietro alla cocciutaggine di Bersani che andava a farsi prendere a calci in faccia dai grillini un giorno sì e l'altro anche, in streaming e senza streaming. E lui, Napolitano, accompagnava questa novità pazzesca, prolungando in regime di prorogatio (ma quando mai s'era sentita una cosa del genere) il governo Monti che aveva avuto la fiducia da un altro Parlamento ormai seppellito. Cos'era quello? Colpetto di Stato o colpetto di sole? E poi il resto: Napolitano aveva due scelte, nuove elezioni subito oppure convincere il Pd - che aveva lisciato la decantata vittoria preventiva - ad abbassarsi fino al Pdl per un governo di larghe intese. E anche lì, un altro colpetto: un atto di disponibilità e di responsabilità di Berlusconi per dare comunque uno straccio di governo al Paese, sotto la regia non tanto occulta di Napolitano diventava un penoso martirio del povero Pd, costretto suo malgrado a coniugarsi con quello che aveva sempre dipinto come il demonio.

Rovesciate le carte, la logica, la Costituzione scritta e quella materiale. Come chiamare un comportamento del genere? Come definirlo? È indetto un concorso a premi. Primo premio, una settimana con la Merkel. Secondo premio, due settimane con la Merkel.

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