Covid, lo scienziato demolisce la terapia domiciliare "paracetamolo e vigile attesa"

Lo pneumologo Petrosillo in commissione d'inchiesta: "Serviva un saturimetro in ogni casa". Ma la politica scelse una scorciatoia che Speranza ha difeso fino al Consiglio di Stato

Covid, lo scienziato demolisce la terapia domiciliare "paracetamolo e vigile attesa"

Durante la pandemia Covid anche la scienza è diventata un’opinione. Ancora una volta dalle audizioni della bistrattata commissione d’inchiesta presieduta dal senatore Fdi Marco Lisei sono emersi nuovi brandelli di verità finora nascoste. Nel mirino è finito il tanto discusso protocollo per la terapia domiciliare «paracetamolo e vigile attesa», più noto con il nome del fortunato farmaco che tutti conosciamo. Un protocollo che per anni è stato contestato per la sua scarsissima efficacia ma che l’ex ministro della Salute Roberto Speranza ha difeso alla morte, persino davanti al Consiglio di Stato. L’idea di stare a casa aspettando che il virus passasse mentre i bollettini scandivano migliaia di contagi e morti di Covid era una strategia votata alla rassegnazione «Ma il protocollo non cura il Covid e il Cts l’ha sempre saputo», dice improvvisamente Nicola Petrosillo, ex direttore del Dipartimento clinico e di ricerca in malattie infettive dello Spallanzani, audito nei giorni scorsi davanti alla commissione.

Rispondendo al deputato M5s Alfonso Colucci, il professore non le ha certo mandate a dire: «Se per vigile attesa intendiamo “tachipirina e aspettiamo” non rientra nel mio lessico. Nel senso che la tachipirina è un antifebbrile, serve a lenire la sintomatologia. Non cura il Covid. La vigile attesa non mi sta bene». Petrosillo ha ricordato che il suo approccio non era mai stato quello dell’attesa passiva, anche nei giorni più drammatici della pandemia, ma dell’ascolto attivo e del monitoraggio costante: «Nel senso che io sì, facevo il primario e vedevo solo pazienti gravi, ma me ne arrivavano tante di telefonate. La vigile attesa è chiedere, parlare, sapere se hai la febbre o non hai la febbre, quanti metri fai senza avere l’affanno, se hai il saturimetro... Perché se hai il saturimetro e il valore scende al 93% io ti dico di venire in ospedale e cerchiamo di capire...».

A supporto delle sue parole, l’infettivologo ha citato anche i dati più recenti: «Nel 2024 è stata pubblicata una metanalisi degli studi clinici su un campione di 34mila pazienti in cui risultava che il paracetamolo non aveva né effetto positivo né effetto negativo sull’andamento del Covid. Addirittura non era differente neanche dai farmaci anti-infiammatori non steroidei come l’ibuprofene. Questo taglia la testa al toro», dice Petrosillo, che poi affonda il colpo: «Il paracetamolo è un farmaco utile, ma utile per quello che fa. Toglieva la febbre. La vigile attesa va fatta valutando esattamente le condizioni del paziente, che è possibile conoscere attraverso una serie di domande. All’epoca era molto difficile accedere agli ambulatori, al pronto soccorso non ne parliamo. Dire che il paracetamolo sia la panacea no».

Senza saturimetro e senza il controllo sull’ossigenazione dei tessuti questa terapia era inutile. Un concetto ripreso e rafforzato anche dall’ex membro del Comitato tecnico scientifico Luca Richeldi, che la settimana scorsa — rispondendo in Commissione al senatore Fdi Lucio Malan — ha confermato di aver cercato con forza di far comprendere l’importanza del monitoraggio dell’ossigenazione: «Una delle cose per cui io personalmente mi sono battuto era l’utilizzo del saturimetro che ad un certo punto è diventato uno strumento che consentiva di capire quando la persona a domicilio che magari aveva una raccomandazione di una terapia semplicemente anti-infiammatoria poteva stare sviluppando una polmonite e quindi cominciare a desaturare».

Ma il Cts cosa ne pensava? «La prima circolare del ministero della Salute in cui si forniscono delle raccomandazioni cliniche sul trattamento dei pazienti è del 30 novembre 2020. Prima del 30 novembre 2020, all’interno del Cts é stata fatta una discussione sul possibile trattamento clinico o no?”, ha chiesto il presidente Lisei. Richeldi non ha esitato: “È stata fatta una discussione perché il trattamento clinico era quello diciamo più eclatante, soprattutto per il tasso di mortalità. [...]Tutto il Cts, in particolare i clinici (non tanto i tecnici) si sono occupati del capire e del mettere a punto quella che potrebbe essere una strategia terapeutica per questi pazienti. Fino al 30 novembre sono stati dati pareri su specifiche domande che venivano fatte dal ministero su singoli farmaci e su singole strategie».

Alla domanda della deputata Alice Buonguerrieri (FdI) la seduta si era accesa, perché pressato dalle sue domande Richeldi aveva raccontato un episodio emblematico: «Se lei va a vedersi le mie apparizioni televisive o articoli di stampa di quel periodo si accorgerà che io sono sempre andato in televisione con un saturimetro. E, penso di non svelare nessun segreto: ad un certo punto all’interno del Cts feci anche la proposta di spedire un saturimetro a casa a tutte le famiglie italiane. Io ho sempre considerato che la vigile attesa comportasse anche la sorveglianza della saturazione, perché come pneumologo le dico che quello è un elemento importante».

Insomma, Petrosillo e Richeldi ammettono ciò che tutti immaginavamo. Il Cts sapeva che questa terapia domiciliare era fallimentare, qualcuno chiedeva di agire perché il virus si combattesse osservando, misurando, intervenendo. Non semplicemente aspettando di guarire. Qualcuno nel Cts aveva chiesto strumenti, non slogan. Proposto azioni, non decreti. Ma la politica, invece di ascoltare la scienza, ha scelto di amministrarla, di sterilizzandola, piegandola, neutralizzandola dietro circolari e comitati. Di trasformare la scienza in un’opinione, mentre in corsia e nelle case gli italiani morivano per l’assenza di uno strumento tutto sommato banale come il saturimetro. Il «vediamo» ha vinto sul «facciamo».

La comunità scientifica, finalmente, davanti alla commissione Covid, ammette che la politica si è nascosta dietro i loro camici bianchi e viceversa, con una legittimazione reciproca che ha salvato più carriere che vite.

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