«Lo vede il mio naso, no? È uguale al suo». Non è vero: Jean-Claude Ellena è un «naso» di professione. Nato sessantacinque anni fa a Grasse, nella terra dei profumieri, negli anni ha creato boccette famosissime: dalla prima, lo storico First di Van Cleef, passando per Bulgari e Cartier, fino a diventare nel 2004 il profumiere esclusivo di Hermès (suo è per esempio Terre d'Hermès). È a Milano perché è appena uscita l'edizione italiana del suo libro-diario, Viaggio sentimentale tra i profumi del mondo (Salani).
Come è diventato un naso?
«Ero un pessimo studente, papà e mamma erano disperati. Così mi hanno detto: vai a lavorare. E a 17 anni sono entrato in un laboratorio a Grasse».
E che cosa faceva?
«Tutto il peggio. Pulivo gli alambicchi, cose così. Però pian piano ho iniziato a imparare tutti i lavori, il posto mi piaceva, i colleghi pure».
La svolta?
«Nel '68. Givaudan aprì una scuola per profumieri a Ginevra: era gratis, perché allora il settore era in espansione. Mi presero. Durava tre anni».
Imparò con la scuola?
«No, anche lì ero un alunno scapestrato. Dopo pochi mesi andai dal capo profumiere e insistetti così tanto per lavorare con lui, che alla fine mi fece provare. Dopo nove mesi ero assunto, diventai il suo assistente. Poi mi disse: Devi andare in America per imparare tutto: il mercato, la mentalità».
Ci è andato?
«Un anno a New York. Al ritorno a Parigi ho creato First per Van Cleef. Avevo vent'anni».
Che cosa serve per fare il suo mestiere?
«I materiali, matite, carta e una buona memoria. Creare un profumo è un lavoro intellettuale: devi pensare all'odore che vuoi ottenere. È una costruzione mentale, non è una cosa del tipo: aggiungo un po' di rosa qua, un po' di pepe là, mischio e annuso...».
È solo l'immaginario?
«A vent'anni lavoravo in modo più intuitivo. Oggi so quello che voglio dire: il talento è trovare il modo per realizzarlo».
Quindi non è un «mago»?
«Terre d'Hermès è fatto da 30 prodotti: sono molto preciso».
E il suo naso? Come lo descriverebbe?
«Uno strumento di controllo. Tale e quale al suo, solo che io lo alleno: almeno otto ore al giorno, ovunque mi trovi. Ma è il cervello che conta: perché non è importante l'odore, bensì quello che esprime».
È vero che i profumi naturali non esistono?
«Vero. Un profumo naturale non esiste più dalla fine dell'Ottocento. Quando si usavano solo prodotti naturali c'erano 50 essenze. Alla fine i profumi si somigliavano tutti. Con la chimica si è iniziato a fare qualcosa di diverso: è la storia di Chanel n°5».
La chimica è fondamentale?
«Oggi si può scegliere fra diecimila prodotti. Capisce? Da 50 essenze a diecimila materiali diversi. In media comunque un profumiere ha 1.200 prodotti; io ne ho duecento».
Che cosa è più difficile?
«Trovare l'idea giusta. Poi mi scrivo subito la formula e in tre giorni il profumo è pronto».
Un luogo comune sui profumi?
«Maschile e femminile. Un'invenzione economica dei primi del Novecento, per vendere due boccette diverse. In India e in Medio Oriente gli uomini indossano ancora tranquillamente J'adore e Opium».
Che cosa dà il profumo a chi lo indossa?
«Due cose: un modo per progettare se stessi; e un modo per proteggersi. Il profumo è un'armatura: non dice niente della personalità di chi lo porta, perché in realtà è una maschera».
Che profumo usa?
«Io? Nessuno. Quando lavoro, un altro profumo disturberebbe il mio naso».
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