Politica

Il premier ascolta il Pdl: "Bisogna riformare le tasse sull'abitazione"

Letta all'esordio in tv: "Spero che non serva una manovra aggiuntiva"

Il presidente del Consiglio Enrico Letta
Il presidente del Consiglio Enrico Letta

Milano - È, se possibile, più berlusconiano di Berlusconi. Enrico Letta non pattina sull'Imu, non disserta di rimodulazione dell'imposta, non si attorciglia in promesse nouvelle vague. No, è diretto che più diretto non si può: «Non parliamo di Imu - dice a Fabio Fazio che lo stuzzica - parliamo di casa. E diciamo che l'Imu dev'essere superata». Ci sarà il famoso decreto di cui si parla in queste ore per bloccare la rata di giugno, ma poi non ci saranno sorprese col veleno nella coda. L'Imu deve diventare un ricordo e Letta addirittura prova a strappare, con la sua compostezza, la bandiera del mattone al Cavaliere: «Le ricordo che il superamento dell'Imu è nel programma di tutti e tre i partiti che sostengono il nostro governo». Fazio non si arrende e prova a rilanciare: «Ma allora il suo predecessore?» Il presidente del Consiglio liquida con una stilettata Mario Monti: «Monti ha messo l'Imu in un momento eccezionale, anche perché serviva a fare cassa in tempi rapidi. Ma si è visto che aveva effetti depressivi».
La pratica è liquidata. Letta è capo del governo da pochi giorni, ma si muove con grande disinvoltura e anche nel salotto di Rai3, nella cornice di Che tempo che fa, non perde mai il controllo della situazione. Scalando temi drammatici con un linguaggio semplice e caldo, lontanissimo dalle gelide proiezioni montiane. «Affrontiamo un'emergenza dopo l'altra», sorride ironico e poi si graffia da solo con una punta di autoironia: «Questo non è il governo migliore né per me né per il Paese. Ognuno di noi ha il suo Governo ideale e non so ancora perché Napolitano quella mattina abbia chiamato me. Io ero uscito di casa per portare i miei bambini a scuola, poi ho ricevuto quella telefonata e da allora non ho più dormito come dormivo prima».
L'intervista è uno slalom stretto fra Imu e Iva, esodati e cassa in deroga. Con la necessità di non uscire dalla traccia segnata dall'Europa. Letta ancora una volta è netto: «Il mio governo non è nato da lunghe consultazioni. No, il nostro programma è tutto nel discorso che ho tenuto all'inizio. E lì ci sono i miei impegni. Il superamento dell'Imu, l'assoluta necessità di rifinanziare la cassa in deroga ma anche di rivederne e allargarne i meccanismi, la risposta all'emergenza degli esodati». Poi c'è l'aumento di un punto dell'Iva che incombe: «Speriamo di evitarlo. Abbiamo qualche settimana davanti». Certo, le scadenze, tutte le scadenze, sono ravviciniate, ma il premier non si lascia mai andare a considerazioni apocalittiche e, insomma, marca la distanza rispetto al clima in cui si muoveva Monti: «Il viaggio in Europa, da Berlino a Parigi e Bruxelles, mi ha trasmesso qualche certezza in più. Oggi non c'è più quell'Europa arcigna: l' Europa matrigna deve sparire. Dobbiamo riconquistare gli europei e per questo la prima priorità è il piano per il lavoro giovanile. Ci sono 6 miliardi a disposizione dal 2014 e il tentativo è quello di anticiparli». In qualche modo, l'ambizione del premier è quella di portare tutta la Ue a sostenere la prospettiva italiana di non impiccarci al 3 per cento del deficit. «Basta debiti», sintetizza il capo del governo, ma il rigore dev'essere coniugato con la crescita. E con un briciolo di tensione verso i grandi ideali: «L'Erasmus, il mercato comune, Kohl e Mitterand che si danno la mano nel cimitero di Verdun. Dobbiamo far rivivere quello spirito». Il resto è un contorno. A cominciare dalla proposta del ministro Cécile Kyenge sullo ius soli: «Non è nel mio programma, ma è un tema che ho nel cuore».

Se me discuterà, probabilmente non si farà.

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