Paradossi della crisi, stanno scomparendo gli «scoraggiati». O meglio, gli inattivi, i giovani che non studiano e non lavorano, stanno cambiando idea e si stanno tasformando in attivissimi cercatori di impiego, anche se con scarso successo. Quasi un miracolo, se si pensa che i “né – né” (sono stati chiamati anche così) erano già considerati il frutto avvelenato di una crisi strutturale.
Soprattutto nelle regioni del Sud - questa era la spiegazione che si dava fino a ieri - sempre più persone in età da lavoro rinunciano a cercare un posto, ma solo perché sanno che non lo troveranno mai. Invece a sorpresa, proprio al culmine della crisi dell’economia italiana ed europea, quando le chance sono al lumicino, si sono messi a mandare curriculum e sfogliare annunci.
Colpa (o merito) - spiega il rapporto Cnel sul mercato del lavoro 2011-2012 - «del deterioramento delle aspettative sui redditi e l’aumento dei timori di disoccupazione dei capifamiglia, che spingono gli altri membri del nucleo familiare ad una ricerca attiva di opportunità di integrazione del reddito familiare». Tradotto, ci sono meno soldi e anche i figli che non lavorano cominciano a guardarsi intorno e a cercare lavoro.
Per il momento sono solo segnali, ma la tendenza è chiara. «Se negli anni scorsi è stato prevalente l’abbandono del mercato da parte di molti scoraggiati, con il passare del tempo appare evidente che tale tipo di fenomeni si sta esaurendo». Anche gli studenti attempati stanno cambiando idea. «Molti fra coloro che avevano interrotto l’attività di ricerca in via transitoria, si pensi ad esempio ai più giovani che avevano deciso di prolungare il periodo scolastico in mancanza di opportunità di impiego, adesso sono indotti ad intensificare gli sforzi di ricerca».
Attenzione, questo non significa che trovino quello che cercano. Anzi, il primo effetto del ritorno sul mercato degli «inattivi» è proprio l’aumento del tasso di disoccupazione, che fino al 2011 era rimasto su livelli bassi proprio per l’autoesclusione di tanti giovani (chi non cerca lavoro non viene considerato nelle metodologie Eurostat). L’aumento della disoccupazione è forte nel Sud, spiega il Cnel. È proprio nelle regioni dove sono concentrati gli scoraggiati «che l’aumento degli sforzi di ricerca si sta dimostrando inefficace per accedere allo status di occupato, comportando un incremento della misura ufficiale della disoccupazione».
Nei prossimi anni la competizione per accaparrarsi i pochi posti di lavoro disponibili sarà ancora più accanita. Colpa anche della riforma delle pensioni che, certifica sempre il Cnel, nel 2020 costringerà 830 mila persone a restare sul mercato del lavoro. Senza contare l’immigrazione che non rallenterà. Tutti concorrenti degli ex scoraggiati.
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