Crolla la stima nei magistrati Gli italiani non si fidano più

Crolla la stima nei magistrati Gli italiani non si fidano più

Una volta avrebbero stravinto. Oggi invece devono accontentarsi del gradino più basso del podio. I magistrati sono terzi nella scala della fiducia: al top nella scala della fiducia ci sono gli imprenditori, poi gli uomini di Chiesa, quindi le toghe. Ai tempi di Mani pulite la classifica sarebbe stata diversa: le toghe alla Di Pietro erano acclamate come calciatori da copertina. Erano un modello per gli italiani, erano osannati, applauditi in mezzo alla strada, invitati come star a convegni e dibattiti. Nella stagione di Tangentopoli, la folla cominciò a radunarsi sotto le finestre del Palazzo di giustizia di Milano e a scandire i nomi dei pm del Pool con affetto e venerazione: «Di Pietro/Davigo/Colombo/andate fino in fondo». Gli slogan erano tutti per loro e un imputato, forse affetto da una sorta di sindrome di Stoccolma, si presentò addirittura in procura con una maglietta eloquente: Mani pulite team.
L'Italia pendeva dalle labbra dei magistrati e del resto c'è stato un periodo storico, grossomodo quello di Mani pulite, in cui il crocevia della politica italiana era il quarto piano del palazzo di Porta Vittoria, con i suoi lunghi corridoi dechirichiani. I sondaggi davano i politici in caduta libera, esattamente come oggi, e i magistrati in testa alle misurazioni della credibilità, della stima, potremmo dire della fede degli italiani. Risultato: ci fu perfino il boom delle iscrizioni a legge, perché la nuova generazione vedeva nell'ingresso in magistratura la realizzazione di un sogno.
Oggi il sondaggio condotto dall'Ipsos di Nando Pagnoncelli per il programma televisivo Ballarò ci consegna un'altra Italia. Alla domanda «In chi hanno fiducia gli italiani?», seguono risposte molto interessanti per documentare l'evoluzione della nostra sensibilità e delle nostre aspirazioni. Al primo posto ecco gli imprenditori, con il 22 per cento. Li tallonano gli uomini di Chiesa con il 19 per cento e poi finalmente i magistrati, al 14 per cento. Le toghe vengono precedute dalla tonache e dalle grisaglie. Dietro, sbucano i giornalisti, all'8 per cento, e poi ancora i sindacalisti che strappano un modesto 6 per cento. I politici, invece, annaspano in fondo con un catastrofico 2 per cento. Del resto la conversazione media, da bar o da scompartimento del treno, prende sempre di mira i politici, ovvero la casta nella sua espressione peggiore, fra scandali, ruberie, sprechi. Gli italiani detestano il Palazzo, ma non premiano più la corporazione togata.
Troppa la disillusione dopo gli anni dell'euforia e dell'ubriacatura in nome della legalità. Quando il settimanale Il sabato pubblicò il suo mortificante dossier contro Di Pietro, nessuno si sognò di prenderlo sul serio anche se raccontava molti dettagli esatti. Nessuno ci credeva.
Piano piano le grandi figure, alcune almeno, sono precipitate dai loro altisonanti piedistalli. Di Pietro è uscito ammaccato dalle indagini, il mito si è incrinato, l'epopea dei duri e puri è finita. È iniziata una stagione controversa in cui alcuni pm sono stati messi sotto accusa per la loro contiguità con la sinistra o per aver puntato sempre e solo contro Berlusconi. I numeri dei sondaggi sono inevitabilmente scesi.

Le toghe sono rimaste un punto di riferimento per una parte del Paese, quella che da vent'anni si alimenta a pane e antiberlusconismo. Oggi i modelli sono altri. E del resto anche il capitale accumulato da Di Pietro, da Ingroia e De Magistris si è assottigliato fino a evaporare dentro le urne.

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