Milano - Ci sarà pure una sentenza definitiva di condanna per il Cavaliere, ma questa sentenza mina alle fondamenta il processo dell'anno. Quello che ha trasformato Silvio Berlusconi un pregiudicato, espulso dal Senato. Stessa storia, stesso meccanismo, stessi protagonisti, cambiano gli anni, in pratica solo quelli, non il capo d'imputazione. E diventa difficile, per usare un eufemismo, raccapezzarsi nel solito guazzabuglio della giustizia italiana. Niccolò Ghedini, ormai difensore dell'intera famiglia Berlusconi, padre e figlio, spalma ottimismo e chiama in causa la corte di Strasburgo. Una sorta di quarto grado di giudizio: i supplementari per correggere, passando per l'Europa, le storture di casa nostra. Si vedrà. In questa situazione prende consistenza l'idea, già accarezzata la scorsa estate dopo il verdetto della Cassazione letto da Antonio Esposito, di giocare la carta della revisione. Un altro processo, ma senza scomodare Strasburgo e la presunta violazione dei diritti dell'uomo. In teoria tutte le strade sono aperte: se Milano boccia il teorema dell'accusa e assolve Pier Silvio perché il fatto non costituisce reato, non si capisce bene come la Cassazione possa aver affondato Silvio.
Forse, il clima sta cambiando. La faida interminabile fra il procuratore Edmondo Bruti Liberati e il suo vice Alfredo Robledo indebolisce la retorica del partito dei giudici. Ma a Palazzo di giustizia nessuno è disposto a fare collegamenti fra le due vicende. La verità è più semplice: il tribunale ha sviscerato con pazienza i capi d'imputazione e li ha ritenuti deboli. Troppo deboli.
Ora si volta pagina e ricomincia l'eterno risiko dei procedimenti contro l'ex premier. Il 18 luglio, fra pochi giorni, dovrebbe arrivare la sentenza d'appello per il processo Ruby, quello che ha colpito sul piano della credibilità internazionale il leader del centrodestra. Difficile fare previsioni e però la condanna di primo grado, 7 pesantissimi anni, ha le gambe corte. Il funzionario di polizia Giorgia Iafrate sostiene in sostanza che non ci fu concussione da parte di Berlusconi quando telefonò in questura per perorare la liberazione di Ruby. E una sfilza di testimoni nega anche che la villa di Arcore sia stata il teatro di prestazioni sessuali con o senza minorenni.
Il verdetto del 18 luglio avrà un peso specifico non indifferente per il futuro del Cavaliere. Molti parlamentari e notabili di Forza Italia contestano al gran capo una sorta di disinteresse, quasi di distanza, dalle beghe quotidiane della politica. Il Cavaliere, azzoppato dalla condanna, sarebbe immerso nei mille risvolti delle sue complesse vicende processuali. E d'altra parte già oggi è limitato nei movimenti e perfino nelle parola, visto che sta scontando la pena ai servizi sociali. E deve pesare col bilancino affermazioni e discorsi, pena revoca del trattamento soft. Insomma, Cesano Boscone non è solo qualche ora alla settimana in compagnia dei malati di Alzheimer, ma una serie di prescrizioni e un percorso a ostacoli.
Un verdetto favorevole, anche solo parzialmente, alleggerirebbe il peso di una situazione obiettivamente difficile e rafforzerebbe la leadership oggi in difficoltà. Fra mugugni, scissioni e malumori. Intanto, la famiglia Berlusconi coglie un successo senza precedenti in un'aula di giustizia, particolarmente a Milano. E Pier Silvio consolida la propria immagine.
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