Politica

Dai videogiochi al tagliaerba Sfizi dei politici a spese nostre

Le indagini delle Procure su gran parte delle Regioni mettono a nudo il vizietto dei consiglieri: usare i fondi elettorali per il loro shopping. Senza alcun pudore

La Regione Lazio
La Regione Lazio

È l'arca di Noè dell'abbondanza. Case, pardon ville, e jeep. Piatti a tre stelle e perfino un pranzo nuziale. E poi gelati e iPad, come dire la tradizione e la tecnologia. Ma pure giocate a raffica ai videopoker che sono peggio di una malattia. E, come da luogo comune del lusso, ostriche e tartufi. C'è davvero di tutto nel cestone senza fondo dei regali che i consiglieri regionali, del Nord e del Sud, di destra e di sinistra, si sono fatti aspirando come idrovore i soldi pubblici. Ora che le indagini, avviate quasi in simultanea da molte procure, portano a galla le spese senza rete della nostra classe politica, si scopre una lista di sprechi senza rossore. Per anni i consiglieri, o almeno molti fra loro, dovevano essersi convinti che i soldi arrivassero su un tappeto volante, come nelle favole. Bastava mettere il capriccio di turno in nota spese e il rimborso era assicurato. Un carnevale perenne, un Bengodi come neanche nel Decamerone, un tripudio di attività e feste e cene, affollate come e più di quelle dipinte dal Veronese.

In Lombardia sono indagati per peculato, il reato classico che si contesta in queste occasioni, in ventidue. Ed è solo la prima tranche, perché dopo aver guardato dalle parti del Pdl e della Lega, gli inquirenti stanno per scandagliare fatture, ricevute e scontrini della sinistra. Però quanto emerso finora basta e avanza per far indignare, eufemismo, gli italiani. Davide Boni, ex presidente del consiglio regionale, giustifica per le sue esigenze di etichetta il consumo di trenta grammi di tartufo, pagati 180 euro. Dev'esser stato un pasto memorabile, perché alla fine il conto raggiunge quota 644 euro. Cifra modesta, però, se paragonata con i costi di «funzionamento» del gruppo, sostenuti dal leghista Stefano Galli il 16 giugno 2010 al ristorante Toscano. Certo, la voce «funzionamento» non chiarisce qual che invece ha spiegato l'oste: si trattava di un matrimonio con la bellezza di 103 coperti. Il totale? Seimilacentottanta euro, offerti dal contribuente. E Nicole Minetti? Lei se la cava, si fa per dire, con poco: 832 euro se ne vanno in apertivi al Principe di Savoia, uno dei più lussuosi hotel milanesi; poi ci sono 899 euro per l'acquisto di un iPhone, ultimo modello. Vuoi mettere, l'aggiornamento ci vuole sempre. E sotto questa voce, nobilitante, può passare perfino il libro Mignottocrazia del fustigatore Paolo Guzzanti che la Minetti compera e si fa rimborsare dalla Regione per 16 euro. Davvero c'è chi non bada a spese e chi bada che tutte, ma proprio tutte le spese, siano recuperate. Il leghista Pierluigi Toscani è più pignolo di un ragioniere e, scontrino per scontrino, mette in conto al Pirellone 90 euro di gelati, 14 euro di lecca-lecca e 752 euro di cartucce da caccia.

A Roma hanno un'altra mentalità. Meno certosina e più fastosa. Franco Fiorito (che ieri ha detto «Ho chiuso con la politica») e Vincenzo Maruccio guidavano i gruppi del Pdl e dell'Idv. Teoricamente abitavano agli antipodi, in realtà si sarebbero portati via una cifra equivalente: circa 1,3 milioni di euro a testa. Un furto bipartisan. Attenzione: stiamo parlando di tanti soldi, ma a loro evidentemente non bastavano mai. Il Batman di Anagni si compra per 800mila euro circa una villa al Circeo. Abusiva, ci mancherebbe. E già che c'è, cerca pure di firmare un abuso tutto suo: la piscina. Non ci riesce, ma continua a spendere. Nella capitale nevica, gli italiani ironizzano sulla disorganizzazione dei romani, ma sbagliano, perché almeno lui, il Batman, si preoccupa e corre ai ripari: si mette al volante di una jeep. Tanto paga il solito Pantalone.

Per la classe politica il bancomat pubblico è senza limiti. Basta spingere il bottone e i soldi escono sempre, come da una fontana. Anche Maruccio aspira qualcosa come 1,3 milioni di euro. Ma qui è interessante notare che una fetta discreta del capitale, 100mila euro circa, viene ingoiata dalle macchinette in sala giochi. Vizio maledetto e inguaribile. Finanziato, pure quello, dagli italiani. Nell'arca dell'abbondanza c'è di tutto. Perfino il tagliaerba e la sega circolare presi dal piemontese Andrea Stara. E pure la riparazione dell'auto della moglie: Silvestro Ladu, ex assessore sardo, la sistema e poi sistema tante altre cose. Il totale è di 253mila euro.

Da inserire nel catalogo delle vergogne.

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