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Dalle larghe intese alla "palude": dieci mesi di governo Letta

Varato tra le migliori intenzioni dopo due mesi di caos istituzionale, l'esecutivo ha finito per essere silurato dal suo stesso azionista di maggioranza: il Pd

Dalle larghe intese alla "palude": dieci mesi di governo Letta

Ricevuto l'incarico il 24 aprile del 2013 dopo due mesi di paralisi istituzionale, Enrico Letta esprime subito la prima riserva, prendendosi tre giorni per fare le consultazioni e formare il 62° governo della storia repubblicana, nato formalmente il 27 dello stesso mese. Pur sostenuto da un ampio arco di forze parlamentari, che spaziava da Gasparri a Cuperlo, l'esecutivo guidato dall'allora vicesegretario del Pd non ha mai avuto vita facile: già durante il giuramento, il 28 aprile, un uomo apriva il fuoco contro i carabinieri in servizio davanti a Palazzo Chigi, ferendo due militari e una donna incinta che passava di lì.

Nelle stesse ore al Quirinale Letta presentava la squadra di governo, composta da otto ministri democratici, cinque dell'allora Pdl e tre di area centrista, grande escluso il Movimento Cinque Stelle, che pure si era imposto come la maggior novità sulla scena politica italiana e che sin dai primi giorni della legislatura preannunciava un'opposizione durissima contro tutti gli avversari. L'equilibrio tra centrodestra e centrosinistra doveva essere assicurato dall'attribuzione della vicepresidenza del Consiglio e del ministero dell'Interno ad Angelino Alfano, all'epoca ancora delfino di Silvio Berlusconi. Il 29 aprile Letta otteneva la fiducia alla Camera, il 30 al Senato, in entrambi i casi con una percentuale superiore al 70%: per la prima volta era nato il famigerato governo "delle larghe intese", frutto della pacificazione nazionale e destinato a portare la concordia tra le forze politiche in nome del rilancio dell'economia e dell'uscita dalla crisi. I fatti dimostreranno, purtroppo, come quegli auspici non fossero altro che pie illusioni.

A metà maggio i componenti dell'esecutivo si ritirano nell'abbazia di Spineto, in provincia di Siena, per una due giorni di lavoro e "fare spogliatoio". Abbandonati i campi toscani e il frinire delle cicale, il governo torna a confrontarsi con i problemi del paese reale, che chiede provvedimenti per il lavoro e misure economiche per alleviare gli effetti della crisi economica che, nonostante le dichiarazioni di ottimismo dell'esecutivo, non dà accenno di voler rientrare. Tra i provvedimenti da ricordare, il decreto sui pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione, peraltro già scritto dal governo Monti, e la decisione del commissariamento dell'Ilva, presa dal ministro dello Sviluppo Economico Flavio Zanonato. Nei primi giorni d'estate si dimetteva il ministro dello Sport Josefa Idem, coinvolta in un caso di presunta evasione di Imu ed Ici, mentre nello stesso mese il governo varava il tanto celebrato "decreto del fare", provvedimento "onnivoro" con l'ambizioso proposito di risolvere problemi a 360 gradi, dall'edilizia alla scuola, dal fisco alla semplificazione burocratica.

Con l'estate iniziano però anche i primi scricchiolii, provocati in primis dalla questione dell'Imu, oggetto di dibattito tra il Pdl di Silvio Berlusconi, che dell'abolizione della tassa sulla casa aveva fatto una bandiera, e il resto della maggioranza, schierato, pur con diverse sfumature, a favore del suo mantenimento. Ma prima della conclusione definitiva della querelle sull'Imu, che pure avrebbe portato alla spaccatura della maggioranza originaria, e all'uscita di Silvio Berlusconi dalla coalizione di governo, l'esecutivo Letta era destinato a subire molti altri colpi.

A luglio scoppiava il caso Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Mukhtar Albyazov, misteriosamente prelevata dai servizi di sicurezza italiana e riportata nel suo paese d'origine in circostanze misteriose, ma la mozione di sfiducia presentata da Sel e M5S contro il ministro Alfano veniva bocciata dal Parlamento.

A fine agosto, dopo settimane di polemiche furibonde, il governo varava il ddl che prevedeva la cancellazione della prima rata dell'Imu e l'introduzione della "Service Tax" a partire dal 1 gennaio 2014. Chi sperava in un rafforzamento dell'esecutivo, però, sarebbe stato deluso dopo poche settimane. Il 28 settembre, infatti, i ministri Pdl si dimettevano in polemica con la scelta di posticipare il decreto che impediva l'aumento dell'Iva al 22%.

La situazione, però, era destinata a precipitare di lì a breve, e in modo del tutto inaspettato. Il primo ottobre Letta respinge in blocco le dimissioni dei ministri pidiellini: il voto di fiducia è fissato per il giorno dopo. Al termine di ore convulse, in cui il partito di Berlusconi cambia posizione più volte, la fiducia viene votata anche dal Pdl, ma i cinque ministri abbandonano Berlusconi e annunciano la creazione di gruppi parlamentari autonomi, in cui confluiscono storici esponenti del centrodestra tra cui Fabrizio Cicchitto e Renato Schifani. Mentre il Cavaliere annunciava lo scioglimento del Pdl e la rinascita di Forza Italia, Alfano e i "transfughi" governativi davano vita al Nuovo Centrodestra.

Da allora in poi le sorti dell'esecutivo erano segnate, e ultimi sussulti come lo scoppio del caso Cancellieri non hanno che contribuito ad accelerarne la caduta. A gennaio si dimettevano Stefano Fassina e Nunzia De Girolamo, il primo tra le polemiche e la seconda nel silenzio generale, ma è dall'elezione di Matteo Renzi alla segreteria democratica, il 9 dicembre, che il governo ha iniziato la sua lenta ed inesorabile agonia.

Fino alla Direzione Nazionale Pd del 13 febbraio e all'annuncio delle dimissioni di questa sera.

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