Cercava le talpe di Report ma è costretto a dimettersi. Cade la prima teste al Garante della Privacy dopo l'agitazione del personale dell'Autorità, finita nel mirino di Report dopo la maxi sanzione da 150mila euro alla Rai per un audio rubato fra l'ex ministro Gennaro Sangiuliano e la moglie, oggetto di un'indagine per violazione della privacy. La «colpa» dell'ormai ex segretario generale Angelo Fanizza (indicato il 29 luglio scorso e formalizzato lo scorso 10 ottobre) è quella di aver chiesto i dati delle posta elettronica, i documenti, gli accessi di tutti. A che scopo? Scoprire i dipendenti infedeli che avrebbero rivelato documenti interni al Garante, come mail e messaggi del consigliere in quota Fdi Agostino Ghiglia, di cui la trasmissione di Sigfrido Ranucci si è servito per «mascariare» l'ex senatore An e rivelare il suo incontro con Arianna Meloni nella sede di Fratelli d'Italia a Roma dopo l'annuncio del verdetto dell'ufficio tecnico del Garante, ma anche una serie di spese ritenute ingiustificate. «Sto andando da Arianna», il messaggio interno rivelato dalla trasmissione, sufficiente a far dire a Report che il voto favorevole di Ghiglia - ininfluente ai fini della sanzione, visto che i «Sì» erano già due su quattro, compreso quello del presidente Pasquale Stanzione, espresso dal Pd ma in rapporti con la famiglia Sica dei legali di Sangiuliano e con la Link Campus University - fosse determinato da pressioni interne alla coalizione di centrodestra.
Un bel paradosso. Si può violare la privacy dei dipendenti del Garante della Privacy a caccia di chi ha violato la privacy del Garante? La decisione del magistrato amministrativo, già a Tar del Lazio con una sfilza di pubblicazioni, dottore di ricerca in Diritto pubblico dell'economia all'Università di Bari, dove è nato nel 1973, non era condivisa dal Garante, tanto che in serata il Collegio ha ringraziato Fanizza per il suo lavoro, ricordando che «come da suo costante orientamento giurisprudenziale, l'accesso da parte del datore di lavoro a taluni dati personali dei dipendenti relativi all'utilizzo dei sistemi informatici può costituire violazione della privacy».
Come anticipato da Wired, l'assemblea del personale, furibondo con Fanizza, avrebbe chiesto all'unanimità le dimissioni dell'intero collegio, composto anche da Ginevra Cerrina Feroni (indicata dalla Lega) e Guido Scorza, considerato vicino ai Cinque Stelle a cui la sinistra rimprovera il ruolo di ex socio nello studio legale E-Lex (da lui fondato nel 2011) a cui si sarebbero rivolte una dozzina di aziende pubbliche e private interessate da provvedimenti incardinati davanti al Garante.
L'opposizione, che da settimane chiede l'azzeramento dei vertici, è insorta: «Cosa deve ancora succedere per convincere il Collegio a fare un passo indietro e salvare quello che rimane del prestigio di questa importante istituzione?», si è chiesta Elisabetta Piccolotti di Avs, secondo cui «servono nuove norme per la nomina del componenti che prevedano l'immediata decadenza dell'attuale collegio». «Prima vanno via, meglio è. L'istituzione ha perso credibilità e autorevolezza, travolta da polemiche, accuse di contiguità politica e tensioni interne», rincara la dose l'europarlamentare Pd Sandro Ruotolo.
«La questione non può essere insabbiata, quando perfino il personale interno denuncia opacità, conflitti di interesse e una gestione incapace di tutelarne la credibilità, l'unica risposta sensata è un passo indietro», afferma il capogruppo M5S in commissione di vigilanza Rai Dario Carotenuto. Di «gravità inaudita» parla anche la grillina Dolores Bevilacqua della Vigilanza Rai, che chiede al premier Giorgia Meloni «di non restare più in silenzio».