Roma - La controriforma-Mastella della Giustizia non piace ai magistrati. E scioperano il 20 luglio, come hanno fatto in passato contro la riforma-Castelli che questo testo diceva di voler migliorare e che ha sospeso in alcune parti fino al 31 luglio.
La clamorosa decisione dell’Anm arriva dopo giorni di dibattito e trattative tra le correnti delle toghe, con una giunta che già si era dimessa la scorsa settimana per esprimere il suo dissenso al testo approvato dalla commissione Giustizia del Senato. E ora che l’ordinamento giudiziario targato governo-Prodi è in dirittura d’arrivo, con l’approvazione prevista in settimana nell’aula di Palazzo Madama e subito dopo alla Camera, le speranze di correzioni dell’ultim’ora lasciano il posto alla protesta estrema.
Una grande delusione per il Guardasigilli Clemente Mastella, che credeva di aver inaugurato un clima nuovo con la magistratura e di essere stato maestro di mediazione. Anche ora raccomanda, nel suo intervento in Senato, di finirla con le «guerre puniche» tra politica e magistratura e si appella all’Anm perchè rimetta lo sciopero, «per garantire al parlamento di lavorare in serenità». Dice anche che «il governo è disponibile a considerare con favore proposte migliorative», modifiche «utili per eliminare negative ruggini ideologiche dal dibattito sulla distinzione delle funzioni» delle toghe. Ma il suo discorso appare contraddittorio sia per i tempi strettissimi del calendario parlamentare, sia per la sua stessa conclusione: «Questo è l’unico provvedimento possibile rispetto a questa maggioranza parlamentare».
E allora? Le toghe non credono più alle sue promesse, nè a quelle dell’Unione. Il Comitato direttivo centrale dell’Anm, dopo ore di discussione, proclama la giornata di sciopero, con l’astensione solo di due membri di Magistratura Democratica.
La corrente di sinistra cerca fino all’ultimo di evitare l’astensione dal lavoro, ma si trova isolata. Riesce solo a far recepire nel documento finale una sua mozione, per precisare che il parlamentino dell’associazione si riunirà sabato 14 luglio, «per valutare gli sviluppi e i risultati dei lavori parlamentari e per avviare ogni ulteriore decisione, ivi compresa l’eventuale revoca dello sciopero». Nella prima fase della riunione, quando la data non era stata stabilita, il segretario dell’Anm Nello Rossi, mette in guardia da «iniziative estemporanee», sottolineando che prima di arrivare allo sciopero si può «fare la scommessa che la politica esiste ancora e aspettare per vedere quello che il Senato riuscirà a portare in porto». Anche per Edmondo Bruti Liberati «uno sciopero di fronte ad una situazione in evoluzione», per il dibattito parlamentare in corso, «è una decisione improvvida e incomprensibile».
Ma la maggioritaria Unicost abbandona ogni cautela e sceglie la linea dura: il presidente dell’Anm Giuseppe Gennaro, esponente di questa corrente, propone in apertura del dibattito di proclamare subito lo sciopero, pur definendolo «una pillola amarissima». «Speravamo che con questa compagine parlamentare - dice-, le cose sarebbero andate diversamente. Purtroppo, non è andata così. Oggi la situazione è arrivata ad un punto di non ritorno». Aggiunge Marcello Matera: «Lo sciopero vuol dire che la magistratura tutta non è d’accordo su questa riforma».
Anche l’alleato di sempre di Md, il Movimento per la giustizia che il più delle volte fa fronte comune con l’altra corrente di sinistra, decide che va respinto in maniera decisa un testo che «è figlio di nessuno, senza una visione di sistema». Con queste parole Gioacchino Natoli propone lo sciopero al più presto, criticando in particolare la norma sui magistrati in ruoli direttivi e semidirettivi da più di 8 anni, che dovranno lasciare il loro posto. E sarebbero 360 su 900, con il prevedibile intasamento delle pratiche al Csm, dove se ne smaltiscono 70-80 l’anno.
Magistratura indipendente, la corrente più di centrodestra, è stata la prima a insistere per la rottura.
E Antonietta Fiorillo ora avverte: «La riforma la faranno e non sarà toccata negli anni a venire. Da questa politica non c’è da aspettarsi nulla sul fronte della giustizia».Solo Rossi insiste sullo spiraglio aperto per la revoca dello sciopero e parla di «massima apertura» a quest’ipotesi.
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