De Benedetti si butta sulla tv con uno sguardo a Murdoch

In dirittura d'arrivo la fusione tra i canali digitali di Telecom e quelli dell'Espresso. Per poi "aprire" a operatori interessati come il patron di Sky

De Benedetti si butta sulla tv con uno sguardo a Murdoch

«È imminente il consolidamento di un nuovo soggetto detentore di cinque multiplex a seguito della imminente fusione tra Telecom Italia Media Broadcasting (Timb) e L'Espresso». Il viceministro dello Sviluppo economico, Antonio Catricalà, ha annunciato ieri in audizione al Senato che la fusione tra le due società di trasmissione - quella di Telecom e quella che fa capo alla famiglia De benedetti - è in dirittura d'arrivo.

I due gruppi vi stanno lavorando da ottobre, affiancati rispettivamente da Mediobanca e da Banca Imi (gruppo Intesa), e, a parte l'irritualità dell'annuncio (giunto dal governo e non dalle dirette interessate, per altro quotate), l'operazione segna la nascita del terzo operatore nazionale: cinque multiplex di frequenze (come Rai e Mediaset), circa quaranta canali a disposizione gestendo bene la banda e uno spazio aperto per gruppi che vogliono crescere come la NewsCorp di Murdoch (che sulla piattaforma De Benedetti trasmette Cielo) e l'americana Discovery. Senza dimenticare Urbano Cairo, editore de La7 e socio del Corriere.

Ma prima di guardare agli sviluppi futuri è opportuno analizzare la questione dal punto di vista finanziario. Secondo le stime di Equita, la nuova realtà (che dovrebbe nascere tramite il conferimento degli asset: Timb e Rete A dell'Espresso) dovrebbe valere circa 300 milioni dei quali il 70% all'operatore tlc e il 30% al gruppo editoriale. I due multiplex dei De Benedetti sono iscritti a bilancio per 166 milioni, più o meno lo stesso valore dei tre di Telecom. Con la fusione non entrano soldi in cassa, ma il bilancio ne trae qualche minimo beneficio: migliora la posizione finanziaria netta se c'è una ripresa di valore, mentre le minusvalenze abbattono il carico fiscale.

Alla nuova società, secondo i rumor, sarebbero interessati i fondi F2i (partecipato dalla Cassa Depositi e Prestiti) e Clessidra, in pole per acquisirne la maggioranza. Ipotizzando la vendita del 51% minimo, per Telecom farebbero 107 milioni e per l'Espresso 46. Non male per un gruppo editoriale alle prese con un taglio degli organici sia nel quotidiano principe Repubblica che nel settimanale l'Espresso. Telecom, invece, ridurrebbe un po' l'indebitamento (28,7 miliardi) e chiuderebbe la sua controllata alla quale dopo la cessione di La7 e Mtv sono rimaste solo le frequenze.

Un operatore di rete senza contenuti non ha però molto senso. L'Espresso è editore di Deejay Tv (oltreché delle tv di Radio Capital ed M2O) e fornisce contenuti a Laeffe, il canale della Feltrinelli. Sui suoi multiplex trova spazio anche un canale della Discovery (Focus, mentre gli altri 5 tra cui Real Time e DMax sono su Timb). Con quasi 40 possibilità di scelta tutte insieme lo spazio per crescere aumenta. E qui entra in gioco la News Corporation di Rupert Murdoch, che è in buoni rapporti anche con l'ingegner Carlo De Benedetti. Dal 2015 anche Sky potrà replicare l'offerta a pagamento sul digitale terrestre e avere un interlocutore unico potrà rappresentare un vantaggio. È in rampa di lancio, inoltre, il bando per l'assegnazione dell'eccesso di capacità trasmissiva (base d'asta 90 milioni per il 40% del quinto multiplex di ciascun operatore). Il governo spera di concludere entro l'estate per accelerare l'incasso. Proprio Sky potrà partecipare all'asta per un lotto, mentre i piccoli operatori potranno gareggiare per tutti e tre i lotti di frequenze offerti.

Insomma, considerato che lo spazio di Rai e Mediaset si restringerà un pochino, lo spazio per un «terzo polo» di fatto c'è.

Murdoch è già pronto. John Hendricks, patron di Discovery, pure. La famiglia dell'ingegner De Benedetti sarà protagonista di questa partita. Che, comunque andrà, si concluderà con un successo perché l'incasso è assicurato.

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