In Forza Italia ha vinto la linea dura: "Se il Cav cade, ci dimettiamo"

Berlusconi all'attacco: "A sinistra c'è il tripudio perché credono di avermi eliminato, ma si illudono". Si susseguono i vertici a Palazzo Grazioli

Renato Schifani e Renato Brunetta escono da Palazzo Grazioli
Renato Schifani e Renato Brunetta escono da Palazzo Grazioli

"Una volta decaduto Berlusconi, decadiamo tutti". Forza Italia passa al contrattacco e si prepara a respingere l'assalto della sinistra giustizialista che punta a far fuori Silvio Berlusconi votando la sua decadenza da senatore. Dopo una lunga giornata segnata da continui incontri a Palazzo Grazioli, i capigruppo di Camera e Senato, Renato Brunetta e Renato Schifani, hanno riunito i gruppi per discutere la strategia migliore per tutelare l'agibilità politica del Cavaliere. Passa la linea dura con l'approvazione per acclamazione delle dimissioni di massa. Dimissioni che interesserebbero solo i parlamentari dal momento che le posizioni dei ministri verrebbero discusse in un’altra riunione. "È in corso un’operazione eversiva da parte di Magistratura democratica per sovvertire lo stato di diritto - ha denunciato Berlusconi - la sinistra tripudia perché pensa di aver la strada spianata verso il potere".

Forza Italia percorre la linea dura. Al centro delle continue riunioni (tenute prima a Palazzo Grazioli, poi a Montecitorio), è tornata la questione della agibilità politica di Berlusconi e della decadenza da senatore. E la decisione è di alzare i toni. Dopo un'intera giornata di trattative è infine passata la linea delle dimissioni di massa che resteranno comunque congelate fino al 4 ottobre, giorno in cui si riunirà la Giunta per le Elezioni, per poi diventare immediatamente effettive. Una proposta che è stata avanzata anche in serata alla riunione dei gruppi. "Davvero sentite il bisogno di proseguire la vostra vita politica nel momento in cui a Berlusconi sarà ancora una volta negato il diritto alla verità?", ha chiesto Schifani ai presenti. Già durante l’assemblea dei gruppi che Berlusconi aveva presieduto all’indomani della sentenza della Cassazione sul processo Mediaset, deputati e senatori avevano consegnato le dimissioni nelle mani dei capigruppo. Anche i ministri, in quell’occasione e poi ancora successivamente, si erano detti pronti a lasciare il governo qualora l'ex premier glielo avesse chiesto. Allora, così come questa volta, la "mossa" dei parlamentari del Pdl sarebbe diretta soprattutto a lanciare un segnale al Quirinale e a Palazzo Chigi e non tanto la mossa finale per far precipitare la situazione. Nelle riunioni di oggi, Berlusconi è tornato a manifestare tutta la diffidenza nei confronti di Giorgio Napolitano e del Pd, senza nascondere la forte irritazione per il nuovo altolà del Colle sull’instabilità politica. "Mi fanno fuori, mi eliminano dalla scena e dovremmo pure stare zitti e votare tutto quello che il governo ci propina?", è stato lo sfogo di Berlusconi che, dopo aver svelato di aver perso ben 11 chili, non ha faticato ad ammettere che sta vivendo "i giorni più duri" della sua vita. "Mi descrivono e mi vogliono far passare alla storia come uno che ruba ai cittadini - ha spiegato - non ho mai rubato. Vogliono buttarmi fuori dalla storia".

A questo punto il futuro di Enrico Letta è sempre più appeso a un filo sottilissimo. Anche la Lega Nord sarebbe, infatti, disponibile a dimettersi in linea con le decisioni prese da Forza Italia. Poco prima della riunione a Palazzo Grazioli, il vicepremier Angelino Alfano riceve una telefonata da Letta si vede col ministro Dario Franceschini a Palazzo Chigi per fare il punto sulla situazione. Secondo fonti interne al Quirinale, Napolitano si sarebbe riservato di verificare con maggiore esattezza quali siano state le conclusioni dell’assemblea dei parlamentari di Forza Italia, all'interno della quale si sono confrontate due linee opposte di azione. Da una parte i falchi già pronti alla guerra, dall'altra le colombe che tentano di frenare gli intenti bellicosi. Aldilà delle prossime mosse, il partito sarà compatto - senza distinzioni di linee - accanto al leader quando si arriverà al voto in Aula sulla decadenza.

"Siamo un partito che non farà l’errore dei partiti della Prima Repubblica - ha assicurato Alfano - questo partito non si dividerà, è unito e resterà tale". E il futuro sarà sotto la stella di Forza Italia. Stella che, ne è convinto lo stesso Berlusconi, potrebbe riportare il centrodestra ad avere il 36% dei voti.

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