Non mi appassiona dare i voti al discorso tenuto ieri da Matteo Renzi all'apertura del nuovo Parlamento europeo. Mi spiace che non abbia posto sul tavolo comune il problema dei nostri marò prigionieri in India, e su questo lo incalzeremo a oltranza. Mi è piaciuto invece che il nostro premier, in fase di replica agli interventi, abbia perso le staffe e detto chiaramente che la Germania non ha le carte in regola per fare prediche a noi o per elevarsi a maestrina del rigore, perché quando alcuni anni fa fu lei a trovarsi in difficoltà non esitò a sforare i parametri pur di rimettere in moto la sua economia. E ho apprezzato che Renzi abbia poi lasciato il Parlamento europeo senza incontrare i giornalisti (non era mai successo a un presidente entrante del semestre): «Devo andare a Porta a Porta», ha detto col suo fare strafottente facendo così infuriare ancora di più mezzo mondo.
Era dai tempi di Berlusconi, e della sua lite con Schulz (la questione del kapò), che non si vedeva un italiano reagire all'arroganza tedesca e dei Paesi del Nord (Olanda in testa). A fare infuriare il premier italiano è stata l'ennesima presa per i fondelli. Ci avevano assicurato Germania e suoi alleati più flessibilità nei conti, che tradotto significa qualche miliardo di euro da poter investire nell'economia reale. Ieri si è scoperto che no, non è così, che anche questa legislatura europea sarà impostata sulla linea del rigore suicida imposto dalla Merkel. Renzi, che senza quei soldi è tecnicamente e politicamente morto, non ci sta. E fa bene a rispondere per le rime e a disertare inutili conferenze stampa pompose quanto ipocrite. Al diavolo il protocollo, fuori gli euro e basta manfrine.
Che tutto questo possa portare consensi elettorali a Renzi non ci importa. Qui non è questione di centrodestra o centrosinistra, ma di vita o di morte dell'Italia e della sua sovranità nazionale. Per questo mi auguro che la delegazione europea di Forza Italia - che sui banchi del Parlamento è ovviamente avversaria del partito di Renzi non faccia mancare al premier l'appoggio necessario per tenere duro.
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