DOMANDE & RISPOSTE

RomaAccuse ostinate, errori giudiziari, negligenze ingiustificabili, processi lenti. E tante vittime anonime, assolte dopo anni, ma con la vita devastata. Parla di tutto questo il libro «Cortocircuito», dell’inviata di Matrix Ilaria Cavo (nella foto), presentato ieri a Milano e oggi a Roma.
Com’è nata l’idea di scriverlo?
«Mi sono occupata da cronista di tanti casi diventati famosi e mentre seguivo quello di Garlasco mi sono resa conto di come, a volte, la realtà può essere distorta. Mi è successo leggendo la consulenza del Ris di Parma che doveva incastrare Alberto Stasi, accusato di aver ucciso la fidanzata Chiara Poggi, smontandone l’alibi. Si sosteneva che la mattina dell’omicidio non aveva lavorato al computer sulla tesi, come aveva dichiarato. Eppure, quasi per inciso, tra le decine di pagine della relazione c’era scritto che quella possibilità invece c’era. Ho riflettuto sulle conseguenze di tesi accusatorie affatto solide, ma portate avanti a tutti i costi. E ho cercato storie rimaste nel silenzio, drammi senza clamore ma emblematici».
Storie di accusati, arrestati, condannati e assolti dopo anni, troppi anni.
«Sì, ho voluto umanizzare le vicende e ho trovato tanta gente disposta a metterci la faccia, per denunciare quello che ha subìto. Dal ragazzo siciliano che si è fatto ingiustamente 4 anni di carcere per spaccio di droga al padre condannato per molestie alla figlia che è riuscito a dimostrare solo nella revisione del processo la sua innocenza, al carabiniere infiltrato nel cartello colombiano che ha avuto vita e carriera stroncate».
Perché parli di «cortocircuito» giudiziario?
«Perché in questi casi, appunto, il sistema va in cortocircuito. Bisogna capire perché e come succede, soprattutto per evitare gli effetti disastrosi sulla vita delle persone. Avevo già scritto due libri, uno sul caso Bilancia e uno sul caso Cogne, in cui spiegavo le tesi accusatorie senza critiche.

Ma per una volta ho voluto vedere l’altra faccia della giustizia, mettermi dalla prospettiva delle vittime di errori giudiziari, per raccontare le loro difficoltà nel dimostrare l’innocenza, quelle enormi a reinventarsi una vita dopo un’esperienza carceraria o comunque un iter giudiziario magari di decenni e, alla fine, anche quella ad avere un risarcimento, che il più delle volte non arriva o arriva a sua volta dopo lunghissima attesa».

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