La nostra Costituzione ha le rughe. E larticolo 1, con quellincipit che tutti abbiamo imparato a sillabare sui banchi di scuola - «LItalia è una repubblica democratica fondata sul lavoro» - porta davvero male gli anni. Così fioccano le proposte per riscrivere le prime righe della nostra Carta fondamentale e per lanciare suggestioni inedite, mandando in soffitta un vecchio armamentario di termini che rimandano allo Stato e giocando parole audaci, come libertà e liberta dimpresa. È possibile svecchiare e versare il vino nuovo negli otri logorati dal tempo? «Il punto - risponde al Giornale il professor Giovanni Pitruzzella, ordinario di Diritto costituzionale alluniversità di Palermo - è che abbiamo già gli otri nuovi».
A che cosa si riferisce?
«Alla Costituzione economica europea».
Ovvero?
«Ai trattati e alle direttive che hanno costruito lEuropa e il mercato unico, hanno favorito la circolazione delle merci e delle imprese, hanno dato vigore e forza alla concorrenza. È una rivoluzione, cominciata tanti anni fa con i trattati istitutivi dellUnione, e proseguita poi fino al trattato di Lisbona».
Insomma, il dibattito sulla Costituzione tricolore è superato dai fatti?
«Noi litighiamo e ci accapigliamo, per così dire, nel nostro pollaio italiano. Ma molte delle decisioni che contano, molte delle scelte che pesano, vengono prese da Bruxelles o a Lussemburgo. La nostra vita è cambiata e a cambiarla è stata lEuropa. Pensi al tema della compagnia aerea di bandiera».
LAlitalia che prima aveva il monopolio delle nostre rotte.
«Oggi lEuropa ha imposto la concorrenza nei nostri cieli e anche sui binari è passato lo stesso principio. Si tratta di svolte colossali. Oggi ragiona in termini europei il mondo degli appalti. Oggi i parametri di Maastricht legano le mani perfino ad un superministro come Giulio Tremonti. La nostra Costituzione è antica, ci rimanda ad un mondo che non cè più, ma per fortuna lEuropa avanza».
Dunque è inutile modificare larticolo 1?
«Si può fare.
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