RomaFermare il declino di Oscar Giannino pare impossibile. Malgrado l'estroso giornalista abbia trascorso il day after del Titanic della sua credibilità a scusarsi, minimizzare, spiegare, ondeggiare tra la notoria sicumera e un tratto di umiltà; malgrado tutto ciò la percezione del capitombolo a un passo dal traguardo di quella che doveva essere una delle più frizzanti novità nelle urne del 24 febbraio è catastrofica. Dopo il master presso la University of Chicago Booth School of Business vantato sui curricula online e in un'intervista a Repubblica tv e risultato inesistente, si è scoperto che anche le due lauree (in Giurisprudenza e in Economia) timbrate in rete da Giannino sono fittizie. L'ammissione indiretta arriva da lui stesso. «Mi sono state attribuite online lauree e master a Chicago. Sono cose messe lì da internet, non ho queste due lauree, il mio gravissimo errore è stato non essermene accorto».
Una caporetto. Giannino ha puntato tutto su due parole: trasparenza e meritocrazia. E le ha tradite in maniera puerile entrambe. Ha messo all'incasso la sua fama di acuto economista che ora si scopre fondata su una burla da sedicenne che tarocca la pagella. E così Fare per fermare il declino oggi processerà il suo leader. Giannino si è infatti detto disponibile a fare un passo indietro se la direzione del partito glielo chiederà. «Se la mia credibilità totale offusca quella di Fare, la mia credibilità si separa da Fare. Sono disposto a sparire nel nulla - promette lui -. E tanto voglio che la trasparenza sia un impegno per tutti che mi presenterò dicendo che se sarò eletto, se voi siete d'accordo, rinuncio al seggio». Di sicuro il nuovo partito perde già i pezzi. Dopo Luigi Zingales, l'economista cofondatore del movimento, che ha salutato lunedì, ieri si rincorrevano voci su un possibile scioglimento del comitato dei garanti.
Bisognerà vedere quanto il partito con la freccia in alto (ma con l'umore molto in basso) crederà alle spiegazioni che ieri per tutto il giorno Giannino ha fornito. Primo: «Ho scoperto poi che su Wikipedia c'era una discussione in corso da tempo». Possibile che nessuno dei suoi collaboratori desse ogni tanto un'occhiata alla più cliccata enciclopedia online? Due: «Per equivoco mi è stato attribuito un titolo che non ho». Ma da chi? E perché alimentare l'equivoco? Tre: «Anche il curriculum sbagliato sul sito dell'istituto Bruno Leoni è dovuto a un giovane stagista che ha messo dentro quanto trovato su Wikipedia». Di nuovo: com'è possibile che nessuno se ne sia accorto? E poi, troppo facile dar la colpa a un anonimo pivello. Quattro: «A Chicago ho preso lezioni private di inglese, ma per dimostrarlo dovrei trovare le ricevute dell'insegnante...». Come mirror climbing (arrampicata sugli specchi per chi non ha potuto studiare inglese in Illinois) niente male. Cinque: «Questa è la migliore dimostrazione della necessità di abolire il valore legale del titolo di studio». Ma sì, buttiamola a ridere.
Giannino comunque non si arrende. Anzi, nel giorno della vergogna arriva spavaldo a dare i numeri: «Siamo vicini all'obiettivo del 4 per cento alla Camera e dell'8 in alcune Regioni che ci consentirebbe di entrare al Senato». Peccato che nelle stesse ore il sondaggista Renato Mannheimer collochi il Fare all'1,5 per cento e comunque a «cifre minimali difficilmente rilevabili».
E poi c'è Zingales. «Non procedo per illazioni, non so perché ha detto questa cosa a quattro giorni dalle elezioni. Certo mi colpisce molto questa aggressione a quattro giorni da un amico. È un grande regalo ai nostri oppositori e una grande mancanza di rispetto a un'intera organizzazione. Ma spero ancora che ci ripensi».
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