E adesso Pisapia ci querela perché difendiamo i marò

Il sindaco di Milano si sente "diffamato" dalle nostre critiche. Lui non ha voluto fare un gesto pubblico a favore dei nostri militari, ma noi non dobbiamo dirlo

E adesso Pisapia ci querela perché difendiamo i marò

Ha coraggio Giuliano Pisapia a considerarsi un difensore del diritto di critica. Il sindaco di Milano sta pensando di querelare il Giornale perché abbiamo scritto indignandoci che non siamo d’accordo con decisione del suo Comune di non esporre fuori dal Municipio lo striscione che invoca la liberazione dei due Marò italiani detenuti in India. Già, perché la sintesi è questa: Pisapia sta pensando di querelarci perché noi difendiamo con tutte le nostre forze i due militari.
Il sindaco e avvocato garantista (come si è sempre definito e come molti gli riconoscono) ha annunciato di aver incaricato un legale di predisporre iniziative giudiziarie, in sede penale e civile, anche nei confronti del nostro giornale. «Da quasi un anno - afferma Pisapia -, il quotidiano diretto da Alessandro Sallusti mi riserva un trattamento inaccettabile: non critiche, ma vere e proprie diffamazioni aggravate. L’ultima quando è stato pubblicato un articolo dal titolo “Pisapia preferisce i nostri marò in galera”. Inutile spiegare che si tratta di una totale falsità». È tuttaltro che inutile, caro Sindaco. Anzi, vorremmo proprio sapere perché, il gesto simbolico di esporre il manifesto con la foto dei due soldati, sia stato considerato dal Comune di Milano, un atto non doveroso da parte di un’istituzione italiana.
A noi è parso sbagliato votare no all’esposizione di quel manifesto. Potranno essere approvati mille ordini del giorno di solidarietà ai due militari, ma resteranno sempre confinati nel chiuso delle stanze del potere milanese. Quel manifesto avrebbe dato un messaggio chiaro e non esporlo equivale, magari non nella forma, ma sicuramente nella sostanza, in una presa di distanze dal destino dei due marò ingiustamente detenuti in India. Un principe del foro come Pisapia sa che l’arresto dei nostri soldati è illegale.
Dov’è la diffamazione? E poi dov’è la libertà di stampa che il sindaco dice di tutelare? Querelare o minacciare querele è un’arma che sa di censura. Prova ne sia che il capogruppo del Pd in Comune, Carmela Rozza, si è schierata contro la querela che Pisapia ha fatto a Libero, che a detta del sindaco lo avrebbe offeso negli articoli che lo criticavano per la gestione della morte del vigile urbano investito e ucciso qualche settimana fa. «Nel sindaco non l’avrei fatto», ha detto. «Ritengo che faccia parte del gioco».
Già, fa parte del gioco. E fa parte anche del ruolo dei giornali che devono poter criticare quando lo ritengono giusto. Pisapia, evidentemente, non lo pensa, tanto che qualche giorno fa ha attaccato tutta la stampa milanese dicendo che era eccessivamente critica con lui e con la sua giunta. Grande prova di libertà, non c’è che dire.
Nella storia dei Marò il diritto di criticarlo, se il sindaco lo permette, è doppio. Perché contestare chi non difende con tutto se stesso degli uomini in divisa, significa dare due volte appoggio a quegli stessi uomini.

Poi una domanda: ma se pensa che il Giornale abbia sbagliato ad attaccarlo, perché ieri ha dichiarato di aver convocato il console indiano a Milano? Forse s’è reso conto da solo di aver manifestato in maniera troppo riservata la sua solidarietà ai Marò. Altro che querele. Non abbiamo mica scritto che il sindaco in questi giorni era in vacanza e quindi non ha potuto e voluto organizzare prima questo incontro.

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