Roma - «Gli elettori in tutta Europa si sono chiaramente allontanati, vogliono risposte». Il presidente della Bce, Mario Draghi, a urne ancora aperte in Italia, ha dato la prima risposta ai segnali provenienti dai seggi del Vecchio Continente. L'Unione, così com'è stata fino a ieri non funziona e bisogna cambiare passo. «Gradualmente, molto gradualmente, stiamo uscendo dalla crisi», ha ribadito con molta enfasi ricordando che «solo la sostenibilità della crescita ci farà andare avanti nell'integrazione, che è garanzia per la pace».
Insomma, nel Forum organizzato a Lisbona (per tamponare eventuali ricadute negative sui mercati) Mario Draghi ha confermato di meritare l'appellativo di «Caesar» tributatogli dal tedesco Handelsblatt che lo ha incoronato vero presidente dell'Europa in quanto unico vero protagonista della difesa della moneta unica. E in questa battaglia Draghi non è solo: il direttore dell'Fmi, la francese Christine Lagarde, pur non pigiando sull'acceleratore, ha auspicato un cambiamento. «La crisi ci ha ricordato che la stabilità dei prezzi non è sempre sufficiente ad assicurare la stabilità della produzione», ha dichiarato. La psicosi anti-inflazione della Germania di Angela Merkel non è condizione necessaria e sufficiente per impostare la politica monetaria.
La reale portata del test elettorale, però, si comprenderà solo questa mattina con il responso delle Borse. Il partito euroscettico, nonostante i successi del Front National, di Syriza e del Movimento 5 Stelle (oltre all'ottimo risultato di Farage in Gran Bretagna che però non è in Eurozona), non ha la maggioranza del Parlamento europeo. Ma l'Unione dovrà necessariamente cambiare passo. In fondo che cos'è la kermesse portoghese della Bce una sorta di «antipasto» - riservato ai palati fini - della riunione del Consiglio direttivo dell'Eurotower del 5 giugno prossimo? In quell'occasione dovrebbero essere annunciate misure straordinarie: un nuovo taglio dei tassi (possibile anche l'applicazione di un tasso negativo sui depositi presso la Banca centrale) e l'avvio di una politica di quantitative easing, cioè l'acquisto da parte di Francoforte di prestiti bancari e titoli di Stato.
Per ora sono solo ipotesi, ma i mercati ci credono anche se per questa mattina è prevedibile un andamento incerto. «È uno stimolo in più a mutare le politiche sbagliate che sono state dettate dalla Germania», commenta Mario Spreafico, direttore investimenti di Schroders, aggiungendo che «Draghi si è molto esposto aumentando così le aspettative di un intervento deciso il 5 giugno e, quindi, il rischio è che ci possa essere una delusione». Di sicuro, conclude, «qualcosa dovrà fare per ridurre le asimmetrie tra una Germania sola beneficiaria della moneta unica e i Paesi del Sud Europa che, tra l'altro, soffrono un euro troppo sopravvalutato».
Sulla stessa lunghezza d'onda anche Gianluca Verzelli, vicedirettore centrale di Banca Akros. «Fare previsioni - sottolinea - è difficile ma di sicuro c'è spazio per un'ulteriore correzione dei nostri titoli di Stato con un aumento dello spread tra i Btp e i Bund tedeschi».
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