E Forza Italia detta l'agenda: prima il sì all'Italicum

L'avvertimento sull'iter delle riforme. Chiesto un nuovo incontro tra i due leader

Roma - Ben venga la riforma del Senato. Ma quanto a tempi e modi c'è molto da rivedere. Parola di Paolo Romani, che in un'intervista all'Huffington Post replica a Matteo Renzi, rivendicando le priorità indicate nell'accordo del Nazareno tra il premier e Berlusconi. Ossia, prima la legge elettorale e poi le riforme. In assenza di una trattativa, il capogruppo azzurro a Palazzo Madama ribadisce il suo avvertimento al primo ministro: il Senato rischia di diventare il Vietnam per l'ex sindaco di Firenze.
Il problema principe è sulla tempistica. «Facciamo una obiezione di metodo», attacca Romani, ricordando come «secondo l'accordo che Berlusconi e Renzi hanno sottoscritto al Nazareno era stabilito che prima si chiudesse la legge elettorale e poi si sarebbe dovuto discutere di riforme». L'Italicum prima di tutto, insomma. Anche perché in assenza del suo varo, spiega il capogruppo di Fi a Palazzo Madama, «non vorremmo che un governo per la terza volta non votato dai cittadini possa prolungare la propria permanenza a palazzo Chigi per mancanza di una legge elettorale». Quanto alla «determinazione di Renzi nel processo riformatore», in particolare per quanto riguarda la rivoluzione di Palazzo Madama, Romani ricorda che nel vertice tra i leader Fi e Pd s'era parlato anche di riforma del Senato, «ma sul tema Berlusconi e Renzi si riproposero un approfondimento». Dunque adesso serve «un nuovo incontro», insiste il senatore azzurro. Che l'«approfondimento» l'ha chiesto anche - via sms - al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Delrio. La risposta? «Ok, bene».

Nonostante le premesse, Romani assicura che Fi non è contraria alla riforma del Senato, ma chiude «assolutamente» all'ipotesi di votarla «così com'è». Diversi gli aspetti che non piacciono a Forza Italia. Per Romani è «inaccettabile che, ad esempio, la Lombardia sia rappresentata da due senatori eletti dai consigli regionali e da due senatori eletti dai sindaci per un totale di quattro, esattamente come la Valle D'Aosta». E il presidente dei senatori azzurri rimarca anche il corto circuito per cui, secondo la riforma disegnata da Renzi, «quello che viene proposto come un Senato di garanzia rispetto alle autonomie» risulta «composto dai medesimi membri delle autonomie», sovrapponendo il ruolo di controllore e controllato. La ricetta di Fi, spiega Romani, è che i rappresentanti del Senato vengano scelti dagli «elettori delle regioni» in concomitanza con le elezioni dei consigli regionali, senza percepire, comunque, «alcuna indennità».

Inoltre il «nuovo» Senato - aggiunge Romani - secondo Forza Italia non dovrà partecipare all'elezione del presidente della Repubblica, per evitare «che col 30 per cento eleggi un presidente della Repubblica del tuo colore».

Un rischio che col modello ipotizzato da Renzi sarebbe concreto. Se alla Camera serve il premio di maggioranza dell'Italicum, nel Senato siederanno amministratori locali e sindaci, «che in questo momento sono per la maggior parte del Pd e il gioco è fatto».

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