RomaCol senno di poi, Matteo Renzi dovrà riconoscere che fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio.
«Sulle regole mi fido di Bersani», aveva detto. Avventato: ora che le regole ci sono, lo sfidante del segretario Pd scopre che sono fatte su misura per farlo perdere. Niente voto ai sedicenni (troppo giovani, quindi filo-Renzi) che hanno votato a tutte le scorse primarie. Niente iscrizione online per votare (troppo moderna, quindi filo-Renzi). Niente voto al secondo turno se non si è fatta la trafila del primo, e così via.
Ieri il sindaco di Firenze ha annunciato un ricorso al Garante della Privacy contro quella norma del regolamento che prevede che l'eroico cittadino che voglia andare a votare debba, per ottenere il «certificato elettorale» da esibire successivamente al seggio, recarsi in un altro apposito ufficio e firmare nell'ordine: la «carta d'intenti» della coalizione, l'albo degli elettori e un «pubblico appello» pro-centrosinistra. Un modo, spiegano gli avvocati del comitato Renzi, per «aggirare la legge sulla Privacy» e poter eventualmente rendere pubblici i dati di chi partecipa alle primarie. Ottimo deterrente contro la partecipazione di quei «cani sciolti» che magari hanno voglia di esprimere una preferenza ma non di farsi arruolare pubblicamente.
Il Garante ha fatto sapere che «vedremo di decidere in tempi brevi», visto che al primo turno delle primarie manca solo un mese. E chi è il Garante cui Renzi ha fatto ricorso contro il regolamento escogitato da Bersani? Antonello Soro, già capogruppo del Pd alla Camera, molto legato a Dario Franceschini (cui lasciò la propria poltrona dopo le primarie che lo videro sconfitto da Bersani) e nominato nel giugno scorso a quel posto, dal voto parlamentare, proprio su indicazione del segretario Pd. Nessun conflitto di interessi? «L'indipendenza del garante è nelle cose», assicurano dallo staff di Soro, e c'è naturalmente da crederci. Ma sarà difficile, in caso di decisione contraria a Renzi, allontanare il sospetto che la gratitudine abbia avuto il suo peso. Intanto la polemica impazza. Bersani ricorda severo che «le regole sono state decise all'unanimità, e ora vanno rispettate». I suoi lanciano sospetti pesanti su Renzi: «Perché è contro la trasparenza? Cosa teme?», chiede allusivo Roberto Speranza. Gli uomini di Vendola, che ha stipulato un patto d'acciaio con Bersani, fanno eco: «Chi è di centrosinistra non ha bisogno di nascondersi». Il renziano Roberto Reggi replica con una sfida: siamo pronti a ritirare il ricorso, assicura, se «i grandi teorici della trasparenza, Bersani e Vendola, danno l'esempio: pubblichino online gli elenchi dei loro iscritti e li rendano disponibili a tutti i candidati, visto che chiedono la pubblicità a chi li vota».
Renzi e i suoi si sono resi conto fuori tempo massimo della trappola in cui si erano ficcati. Sulle regole delle primarie il sindaco si è ingenuamente consegnato a Bersani: «Mi fido di lui», rinunciando ad esercitare la necessaria «vigilanza democratica» sulle farraginose pandette elaborate nella fucina del Nazareno.
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