RomaQualcuno, sui divanetti rossi del Transatlantico (ala Pd), parla di «giustizia a orologeria» come un qualunque berluscones, elencando i casi della giornata: l'indagine bolognese sulla segretaria del segretario; l'arresto dell'architetto Sarno in quel di Sesto, area Penati; e per soprammercato pure le allegre ammissioni di Maurizio Mian (editore dell'Unità) su quei soldi «scudati» usati per comprare le quote del giornale Pd, con il beneplacito di Bersani.
Qualcun altro si chiede preoccupato: «Che effetto possono avere la storia della Zoia e quella di Sesto sulle primarie?», e viene ironicamente rassicurato da un deputato filo-renziano: «Nessuno, tanto andranno a votare solo i pullman dei pensionati dello Spi-Cgil che non si accorgeranno di nulla». «La Zoia» la conoscono tutti i frequentatori del Nazareno, dove presidia come un cerbero l'anticamera del segretario, filtrando inflessibile (e maternamente protettiva verso Bersani) telefonate e visitatori, gestendo gli appuntamenti, rimandando anche, a volte, impegni di partito perché «si deve riposare anche lui, ogni tanto». Bersani reagisce con poche parole caute: se l'esposto c'era, «ancorché di Raisi», fa bene la magistratura «ad accertare», ma lui si dice «convinto che le cose siano state fatte per bene». «Truffa» però è una brutta parola, e la notizia di quella indagine sulla principale collaboratrice storica del segretario, piombata ieri mattina a Roma, ha colto tutti di sorpresa e rovinato un po' una giornata di grande soddisfazione, sul fronte bersaniano. Una giornata in cui, per la prima volta, si è tirato un sospiro di sollievo grazie a quelle regole delle primarie che blindano la vittoria del leader e tagliano fuori il temutissimo outsider Matteo Renzi. La sua stessa decisione di ricorrere al Garante della Privacy contro alcune norme del regolamento viene vista come un mettere le mani avanti: «Ha capito che perderà e si predispone a fare la vittima», gongolano i bersaniani.
Tanto più che quel ricorso finirà in mani esperte: non solo il garante della Privacy è l'ex capogruppo Pd Antonello Soro, indicato per l'Authority da Bersani, ma anche il direttore generale dell'agenzia, Giuseppe Busia, viene dalle file Pd (ala Margherita) e si è occupato di primarie. Busia, avvocato dal ragguardevole curriculum, è stato nominato alla guida tecnica dell'Authority nel luglio 2012, dopo l'insediamento di Soro, ma ha fatto parte del Collegio dei garanti, istituito nel luglio del 2007 in vista delle primarie che incoronarono Walter Veltroni.
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