Roma - L'incompatibilità non è uguale per tutti. Non lo è per il Pd, per esempio. Il partito del premier Enrico Letta mostra i muscoli con il Cav, e considera praticamente automatica la decadenza da senatore di Berlusconi dopo la sentenza di condanna della Cassazione, tanto da dirsi pronto a impedire nei fatti che la giunta per le elezioni possa sollevare alla Consulta la questione della legittimità costituzionale della legge Severino. Un'intransigenza e una rigidità che, però, non sono una prerogativa del Pd, visto che i democratici in altri casi si mostrano meno barricaderi, o quantomeno allontanano lo sguardo.
Non risultano agli atti, per esempio, prese di posizione così granitiche del Partito democratico intorno alla questione dell'incompatibilità di uno dei suoi, Vincenzo De Luca. Viceministro alle infrastrutture e «storico» sindaco di Salerno, De Luca avrebbe dovuto da tempo abdicare alla poltrona di primo cittadino della sua città, visto che il terzo comma dell'articolo 13 del decreto anticrisi varato da Tremonti nel 2011 prevede l'incompatibilità tra l'incarico di parlamentare e qualsiasi carica pubblica elettiva. Eppure non risultano agli atti iniziative del Pd per mettere all'angolo l'illustre esponente del partito e imporgli di scegliere se restare nell'esecutivo o se continuare a governare la città campana. Sulla vicenda, il Pd ha scelto la discrezione, o meglio il silenzio. Anche dopo che lunedì il consiglio comunale di Salerno ha deciso di non votare l'incompatibilità, «girando» la pratica alla commissione statuto dello stesso comune e dilatando i tempi, nessuno nelle fila del Pd ha gridato allo scandalo o ha chiesto al sindaco-viceministro di fare un passo indietro.
L'indulgente silenzio sul caso De Luca è un approccio decisamente differente rispetto alla linea inflessibile mostrata dal Pd sulla vicenda Berlusconi. Dove, a onta di alcune voci interne agli stessi democratici - come quella di Luciano Violante - che avevano aperto alla possibilità di portare la questione all'attenzione della Corte Costituzionale, il partito continua a manifestare l'intenzione a un voto compatto per la decadenza del Cav da senatore.
Una fretta sospetta, tanto più quando, come detto, il Pd mostra di avere un concetto dell'incompatibilità quantomeno a geometria variabile, a seconda che riguardi Berlusconi o, nel caso di specie, De Luca.
Una strana fretta o, per dirla con la portavoce del Pdl alla Camera, la salernitana Mara Carfagna, «un doppiopesismo dai risvolti raccapriccianti» che tradisce la volontà del Partito democratico di arrivare a «sconfessare se stesso», purché serva a «eliminare l'unico esponente politico in grado di sconfiggerlo elettoralmente», lasciando invece a un suo esponente nel governo l'arbitrio di ricoprire due incarichi tra loro placidamente incompatibili.
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