
Tra una ventina di giorni, con la riapertura delle aule della politica e del consiglio comunale in particolare, ripartirà il dibattito sullo stadio di San Siro, che si prevede molto acceso. Nel libro dei sogni del sindaco Sala ma soprattutto di Milan e Inter si sarebbe dovuta scrivere a luglio la parola «fine» sotto la grande telenovela delle vendita del Meazza e del via all’operazione urbanistico immobiliare che dovrebbe portare a un nuovo impianto e un nuovo quartiere per il 2030.
Luglio sarebbe stato un mese propizio, e soprattutto così era stato stabilito dalla giunta, per concludere l’operazione in tempo per evitare il vincolo della Sovrintendenza che scatterà il 10 novembre sul secondo anello. Ma la terribile inchiesta sull’urbanistica che si è abbattuta su Palazzo Marino con la richiesta di arresto per l’ex assessore alla Rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi ha messo uno stop alla vicenda che si trascina dal 2019.
Cosa è successo a luglio? Il Tar della Lombardia ha respinto la richiesta di sospensiva presentata dal Comitato Sì Meazza per la vendita dello stadio e delle aree circostanti. Secondo: Milan e Inter avevano trovato un accordo sul prezzo di acquisto dell’area per 197 milioni di euro, cifra stabilita dall’Agenzia delle Entrate (oggetto di ulteriori indagini ma poi confermata).
Due passi avanti, verso il dribbling del vincolo, e uno indietro: il macigno della tempesta giudiziaria blocca la via verso la risoluzione di un caso che tiene banco da 6 anni nelle stanze della politica e del dibattito tra maggioranza e opposizione, ma anche all’interno dello stesso centrosinistra.
Fatto sta che il sindaco, alla notizia di un’indagine anche sul suo operato, indeciso se dimettersi o meno, e a fronte di una richiesta di un cambio di passo nell’azione dell’amministrazione da parte del Pd in cambio del sostegno incondizionato alla sua azione politica da qui al 2027, ha dovuto far slittare il voto sulla vendita dello stadio previsto per luglio, appunto.
Dunque la partita si giocherà a settembre, in zona Cesarini
appunto, con la maggioranza spaccata - sono almeno cinque i consiglieri che hanno apertamente espresso la propria contrarietà alla vendita dello stadio quindi dell’abbattimento del Meazza e alla costruzione di un nuovo impianto.