MilanoSpaventata, sotto il corpo della mamma agonizzante una bimba di un paio di anni, con il sangue che lentamente le ricopre quasi interamente fino a quando mani pietose la tolgono delicatamente da quell'abbraccio per portarla all'ospedale, «L'ho avuta in braccio per qualche istante, piangeva, gridava disperata, chissà cosa le sarà passato per quella povera testolina terrorizzata, l'ho fatta giocare un po' poi l'ho affidata al personale del 118. Chissà come sta ora».
È ancora sconvolta Manuela Di Nardo, 45 anni, istruttrice di nuoto ma anche collaboratrice per il recupero dei bambini difficili. Quindi per fortuna qualche esperienza con i piccoli ce l'ha. È una delle prime ad arrivare sulla scena del crimine. «Ero venuto a trovare degli amici che hanno un negozio qui in zona quando ho sentito dei botti. Credevo mortaretti, sa quei raudi con cui giocano i ragazzini. Mi sembra tre esplosioni, non di più. All'inizio non ci faccio caso, poi dopo qualche istante ho visto la gente accorrere verso un punto, qualche secondo ancora ed è arrivata la prima volante a sirene spiegate».
Istintivamente anche Manuela si mette a correre e in pochi istanti raggiunge il luogo dell'agguato: «Ho subito visto l'uomo per terra, non si muoiveva già più credo fosse già morto, a una decina di metri di distanza una figura informe. Avvicinandomi mi sono accorta che era una donna con sotto qualcosa. È stato in quel momento che sono arrivati anche i poliziotti e il personale del 118. Hanno rovesciato la donna sulla schiena e sotto c'era una bambina».
I medici si prendono subito cura della donna, ha la testa coperta di sangue, altro sangue, tantissimo le è colato sul vestito. «Era priva di conoscenza, mi è sembrata gravissima, non rispondeva a nessuna sollecitazione anche se hanno iniziato subito a intubarla».
Ed è stato in quel momento che quel «fagotto» sotto il corpo della donna ferita è finito tra le sue braccia. «Un poliziotto l'ha afferrata e non sapendo cosa farne mi ha guardato, chiedendomi se potevo tenerla io per qualche istante. Ovviamente ho subito risposto si». La piccola finisce così avvolta dalle cure di Manuela. «Era sconvolta gridava piangeva, si poteva leggere nel suo sguardo tutto l'orrore appena vissuto. Ho ancora negli occhi la sua maglietta, dietro aveva un pupazzetto, un personaggio dei fumetti o dei cartoni animati immagino, non ricordo. Era zuppa di sangue.
A quel punto non avendo altro a disposizione per calmarla ho tirato fuori di tasca il telefono cellulare e l'ho fatta giocare con quello, si è calmata. Poi è arrivato un infermiere del 118 che l'ha presa in consegna. Non scorderò mai quegli occhi».
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