Ecco i segreti per portarsi a casa un buon investimento

Mentre all'estero gli operatori si sfregano gli occhi increduli davanti alla crescita continua del mercato dell'arte, in Italia riusciamo a distruggere il valore di quella che dovrebbe essere una delle nostre «materie prime» più abbondanti e pregiate con leggi farraginose, incuria, tolleranza verso i falsari, mancate valorizzazioni e l'onnipresente evasione fiscale. Sorprendersi per le irregolarità scoperte dalla finanza ieri nell'operazione di verifica fra galleristi e collezionisti è come sorprendersi nello scoprire che gli automobilisti spesso superano i limiti di velocità: tutti sapevano della «facile» contabilità in quel mondo. Va bene l'indignazione, sarebbe però meglio anche riflettere su quanto (zero) si sia fatto finora per valorizzare in modo «sano» quello che sarebbe un vero patrimonio per il nostro Paese. Dobbiamo abbandonare il tabù della distinzione tra arte ed economia e renderci conto che se in Italia l'Iva su un quadro è al 21% e in Germania è al 7% oppure che se da noi i diritti di rivendita sono il 4% sul prezzo dell'intero quadro e in Svizzera sono zero, le gallerie apriranno in Germania e le fiere d'arte in Svizzera. Semplice e logico. Eppure se il mercato dell'arte «regolare» venisse incentivato con norme sensate e tassazione competitiva per l'Italia si aprirebbero possibilità impensate. Se ne parla poco ma i beni artistici stanno assumendo di anno in anno tutte le caratteristiche tipiche dei valori da investimento, insomma, un vero bene rifugio e godibile ogni giorno. Quello che fino a non molto tempo fa era un mercato di spesa di lusso, grazie a internet e alla possibilità di poter confrontare prezzi e valori sta componendosi nelle forme conosciute dei mercati finanziari, con listini, grafici e una platea sempre più vasta di acquirenti interessati. Come tutti gli investimenti occorre tuttavia sapere bene le «regole del gioco». Innanzitutto puntare al lungo periodo e non a facili e veloci guadagni, perché le commissioni di compravendita sono ancora molto alte e, scegliendo come intermediario una casa d'aste blasonata, le percentuali richieste possono arrivare addirittura al 30%.
L'autenticità indubbia dell'opera poi è un requisito essenziale: la miglior garanzia in questo caso è la documentazione della provenienza del quadro, tant'è vero che a volte gli esperti del settore dicono che certe opere è più utile guardarle dietro (dove si trovano timbri ed etichette dei precedenti passaggi di proprietà). Infine, esattamente come accade per le azioni, gli acquisti di maggior successo sono raramente quelli di nomi «di moda» ma occorre ragionare bene sulle prospettive future. In quest'ottica paradossalmente l'arretratezza dell'Italia nel valorizzare i propri artisti potrebbe rappresentare un'occasione di acquisto in quanto alcuni grandi maestri del Novecento, ormai saldamente storicizzati, si possono ancora acquistare per cifre di molti zeri inferiori ai loro «colleghi» americani e francesi. Ad esempio gli astrattisti storici degli anni '30 italiani come Mario Radice, Manlio Rho o Luigi Veronesi hanno prezzi che potrebbero essere alla portata di molti, specialmente se intesi in un'ottica di investimento e non di spesa (si va dai mille euro per un acquerello recente di Veronesi ai 50mila per un'opera importante di Rho).
Per chi volesse alzare il profilo di rischio poi si può cercare l'affare fra artisti più giovani ma ragionevolmente avviati sul percorso della storicizzazione come molti degli artisti attivi negli anni '90 e finora «nascosti» dal fenomeno Cattelan: nomi come Arienti, Cingolani, Pessoli, Pusole e altri di quella generazione anch'essa segnata dalla crisi. Molte opere importanti possono essere acquistate per cifre che all'estero sarebbero riservate ad un esordiente.

In fondo l'arte può essere un investimento gratificante per l'occhio e che non impedisce di sognare: anche la versione de “l'Urlo” di Munch recentemente venduta per 120 milioni di euro (per intendersi un prezzo simile a due tonnellate e mezzo d'oro) era stata acquistata per pochi soldi.
Twitter: @borghi_claudio

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