Governo Dc, fine dei comunisti

L’ala storica del Pd fatta fuori. Letta e Alfano varano una riedizione della Democrazia cristiana Brunetta avverte: tutto bene, ma se domani non annunciano l’abolizione dell’Imu io mi dimetto

E adesso ci si chiede: chi ha vinto? Vediamo. Il Pd ha perso un segretario (Bersani), due padri nobili (Prodi e Marini), un grande vecchio (Rodotà), un alleato (Vendola), la benevola copertura del presidente Napolitano, cinque punti di consenso elettorale, faccia e credibilità, dovendo alla fine governare con Berlusconi nonostante solenni giuramenti (vero Bersani, Gotor, Franceschini, Finocchiaro e compagnia cantante?). Ha perso la casta dei professionisti del moralismo: pagliacci alla Dario Fo, salottieri alla Barbara Spinelli, manettari alla Travaglio, inutili alla Flores D'Arcais, tromboni che non ne azzeccano mai una alla Lucia Annunziata. Perde Grillo, che avendo sprecato un paio di jolly come un dilettante ha ridotto il suo Movimento a un ininfluente fatto di costume.

E, detto che Mario Monti aveva già irrimediabilmente perso nell'urna, ci chiediamo: il Pdl? Torna al governo, riconquista autorevolezza e assoluta centralità politica, guadagna cinque punti nei sondaggi, zittisce tutti i sopracitati signori, ma per fare davvero bingo gli manca un tassello fondamentale per noi tutti: portare a casa il programma economico promesso in campagna elettorale (Imu, Iva, sgravi eccetera) pur senza controllare direttamente i ministeri di riferimento. Ce la farà? Lo sapremo lunedì, quando Letta esporrà il suo programma alle Camere per la fiducia, ma qualche indizio mi fa ben sperare e se così non fosse si vanificherebbe in un colpo solo tutto il buon lavoro fatto negli ultimi mesi.

Dicono che il Pd si sia consegnato al Pdl per non sfasciarsi del tutto e che Berlusconi, saggiamente, non abbia voluto stravincere. Il Cavaliere ha tenuto in panchina i cosiddetti falchi, ma questo non vuol dire che abbiano vinto le colombe. Un conto è la tattica, altro è la strategia, che a mio parere non cambia: tornare maggioranza, e quindi alle elezioni, nel più breve tempo possibile. Il risultato è il varo del governo Letta, un governo democristiano (democristiani nascono sia lui sia Alfano, Lupi, Mauro e chissà che in prospettiva non voglia dire qualche cosa di più) che lascia a casa in entrambi gli schieramenti le personalità ingombranti e i protagonisti delle ultime dure battaglie politiche e mediatiche. Napolitano, padre padrone del gioco, conoscendo i suoi polli (o vecchie volpi, scegliete voi) ha voluto evitare che finisse in zizzania già poche ore dopo l'insediamento.

E resta comunque il fatto storico che destra e sinistra governano insieme. Non accadeva dai tempi della Costituente del 1946. Era per sostenere il governo De Gasperi mentre deputati e senatori stavano scrivendo la Costituzione. Potrebbe essere utile riprovare lo stesso schema, portando l'Italia in una Repubblica presidenziale non occulta, come ora, ma palese. Non mi faccio illusioni.

Sono certo che la vendetta di Bersani e della componente comunista del Pd (esclusa da tutto per la prima volta) non si farà attendere a lungo. E sarà dura e cattiva, come nel loro stile.

Non è il caso di abbassare la guardia su più fronti: anche la faccia da bravo ragazzo del Dc Letta non mi incanta. Ricordiamoci che fino a pochi giorni fa anche lui era in prima linea a urlare: mai con Berlusconi. Alfano vigili.

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