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Da Epifani a Cofferati, i veri senatori a vita sono gli ex sindacalisti

Seggio garantito a tutti i leader Cgil. Ma ora Camusso teme di dover fare spazio a Landini

Da Epifani a Cofferati, i veri senatori a vita sono gli ex sindacalisti
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Da Luciano Lama a Susanna Camusso. Dalla Cgil al Pci ed eredi, in primis il Pd. E se la porta girevole tra il sindacato e la politica sembra ormai una consuetudine è più che lecito chiedersi cosa farà Maurizio Landini, il cui mandato da segretario generale scade ad agosto del 2026 per sopraggiunti limiti d'età. D'altronde per pronosticare il salto dalle piazze alle Aule del Parlamento basta ripercorrere la storia.

A partire dal primo numero uno della Cgil, Giuseppe Di Vittorio. Leader della confederazione rossa dal 1944 al 1957 e - contestualmente - eletto all'Assemblea Costituente e poi deputato del Pci per due legislature. Lo stesso percorso intrapreso da Lama. Al vertice della Cgil dal 1970 al 1986 e poi senatore per due legislature dal 1987 al 1994. Prima con il Pci e poi con il Pds. Lama, prima di diventare leader del sindacato, aveva già fatto un'esperienza a Montecitorio dal 1958 al 1969. Un cursus honorum che dimostra il rapporto simbiotico tra la Cgil e la sinistra. E infatti l'elenco è lungo. C'è Antonio Pizzinato, segretario dal 1986 al 1988 e poi parlamentare e sottosegretario al Lavoro nel primo governo Prodi. Il suo successore alla guida della Cgil Bruno Trentin ha strappato un biglietto per la Camera e quindi per l'Europarlamento. Negli anni 2000 è stata la volta di Guglielmo Epifani, che del Pd è stato segretario per sette mesi nel 2013. È impossibile non menzionare Sergio Cofferati, sindaco di Bologna ed europarlamentare per dieci anni, dal 2009 al 2019.

Ed ecco che si arriva ai protagonisti del rebus attuale. Tipo «Una poltrona per due», dato il clima natalizio, ma in salsa rossa. C'è Susanna Camusso, pure lei passata dalla segreteria della Cgil al Parlamento, eletta senatrice nel 2022. Ma soprattutto c'è Maurizio Landini. Che rischia di diventare il capo del sindacato con la vocazione più politica durante il suo mandato ma di rimanere senza seggio parlamentare, a differenza di tanti altri predecessori, magari meno barricaderi nel periodo al comando di Corso d'Italia. La patata bollente è tutta nelle mani del Nazareno, dato che sembra difficile, al momento, uno sbarco alla Camera o al Senato di Landini in quota Avs.

L'attuale segretario, da Statuto, terminerà il suo mandato ad agosto del 2026, raggiunti i 65 anni. Tra gli osservatori viene dato quasi per scontato il suo passaggio alla politica. Il punto è che se la candidatura nel 2027 arrivasse con il Pd sarebbe difficile confermare anche Camusso. Lei che, secondo i rumors interni al gruppo parlamentare, si sente un po' un pesce fuor d'acqua tra gli stucchi di Palazzo Madama, rispondendo al Giornale schiva le domande sul suo successore: «Penso che da ex io non debba interferire». «La Cgil sa cosa deve fare», taglia corto. «Non so cosa vogliono fare», sbuffa un altro ex di lusso come Cofferati.

La questione-Landini è un rompicapo perché il sindacalista, tra eccessi pro-Pal, scioperi e tirate contro il governo, si è portato fin troppo avanti nella lotta politica. Ma una sua candidatura farebbe storcere il naso alla minoranza dem.

E non è detto che lui, considerato tra i potenziali leader del campo largo prima della sconfitta ai referendum di giugno scorso, accetti di fare il parlamentare semplice. Da qui la domanda: c'è spazio per un partito di Landini?

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