Dall'inizio dell'anno a venerdi scorso, in poco più di un mese, l'euro ha guadagnato posizioni rispetto alle principali valute estere: dall'1,6% sul franco svizzero all'1,3% sul dollaro americano, dal 3,20% sulla sterlina inglese all'1,6% sul renminbi cinese fino all'8,8% sullo yen giapponese. Le ragioni di questa ritrovata forza della moneta unica europea, parzialmente ridimensionata la scorsa settimana, devono essere ricercate, secondo gli esperti, in diversi e concomitanti fattori. Da un lato, gli investitori internazionali hanno accantonato l'idea che la zona euro possa disintegrarsi dopo le ferme dichiarazioni del luglio scorso da parte del governatore della Bce, Mario Draghi, il quale tuonò affermando che «l'euro è irrinunciabile e useremo tutti i mezzi per difenderlo». Dall'altro, e questo è invece un fenomeno più recente, la Banca centrale giapponese sta stampando moneta per raggiungere gli obiettivi del nuovo premier giapponese Shinzo Abe che punta a un'inflazione del 2% l0anno nel Sol Levante: una mossa che porta, inevitabilmente, alla svalutazione dello yen sul dollaro e, a cascata, sull'euro. Gli Stati Uniti, dal canto loro, non possono permettere che la divisa nipponica scenda eccessivamente per non compromettere le proprie multinazionali e, più in generale, le esportazioni. E, quindi, anche la Federal reserve, la Banca centrale americana, ha immesso sul mercato una gran quantità di dollari che, almeno in parte, ha contrastato la svalutazione dello yen.
In tutta questa vera guerra delle valute, l'euro risulta rafforzato non tanto per la sua forza effettiva, quanto piuttosto per il fatto che la nostra Banca centrale, la Bce, non ha il mandato a stampare moneta, e quindi l'euro si rafforza. Gli impatti di questa tendenza valutaria cambiano, e di molto, a seconda del tipo di portafogli finanziari considerati. Per questo, abbiamo ipotizzato quattro diversi casi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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