Gli ex grillini del Senato pronti al gruppo autonomo

Gli ex grillini del Senato pronti al gruppo autonomo

Roma«Siamo in guerra» gridano i fedelissimi di Grillo e Casaleggio. E diventa quindi un bollettino di guerra l'ultimo elenco degli espulsi e dei dimissionari. Orellana, Battista e compagni sono, in questo senso, numeri pesanti di un conflitto mai così aperto e dichiarato come in questi giorni. Da un lato gli ortodossi; dall'altro quelli che si dichiarano sensibili a strade alternative a «soluzioni» nuove. Quelli, in buona sostanza, che non ringhiano a tutti i costi e con ogni pretesto. Ma non c'è solamente la faida interna a decimare le file dei parlamentari pentastellati. Ci si mette anche l'Ufficio di presidenza di Montecitorio che ieri ha sospeso dai lavori parlamentari dell'Aula per dieci giorni il deputato Alessandro Di Battista per aver impedito al collega Roberto Speranza (Pd) di fare una dichiarazione nella sala stampa. Sempre per dieci giorni sono stati sospesi altri 21 parlamentari del Movimento e uno di Fratelli d'Italia (Fabio Rampelli) in riferimento sempre ai disordini durante i lavori d'Aula del 29 gennaio scorso. Più dura la sanzione per Silvia Benedetti. Colpevole di aver dato un morso a un commesso, le sono stati inflitti 12 giorni di sospensione. La massima sanzione (15 giorni), però, è toccata a Stefano Dambruoso (Sc), il questore che ha colpito al volto la deputata Loredana Lupo del Movimento 5 Stelle nella seduta in cui si stava votando il decreto Imu-Bankitalia.
Ad attirare l'attenzione di attivisti e media sul Movimento Cinque Stelle è stata però l'assemblea dei senatori chiamata ieri a ratificare l'espulsione dei quattro «dissidenti» (come già deciso dal popolo della Rete). L'assemblea si è però trovata di fronte a un inaspettato ordine del giorno. Oltre all'espulsione da ratificare c'era poi da decidere in merito alle dimissioni annunciate (e in alcuni casi già presentate) di altri colleghi parlamentari, infastiditi da questa mancanza di dialettica interna. L'assemblea è servita anche a capire meglio come si divide nel suo interno il variegato gruppo dei parlamentari pentastellati. Già si conoscevano i duri e puri alla Paola Taverna e Luigi Di Maio. Fin dall'inizio abbiamo imparato a conoscere i possibilisti, quelli cioè disposti al dialogo con le altre forze politiche. Persone che, come Adele Gambaro, sono state tra le prime a lasciare le file del Movimento nei banchi di Montecitorio. Con l'espulsione della «banda dei quattro», le carte si sono ulteriormente sparigliate. La cacciata di Lorenzo Battista, Fabrizio Bocchino, Francesco Campenella e Luis Alberto Orellana ha allarmato un nutrito stormo di colombe. Che già da mercoledì vanno annunciando dimissioni per non restare in un movimento tanto rigido e insofferente alla dialettica interna. Al fondo di questa lista segnaliamo chi, come la senatrice Alessandra Bencini, non torna indietro sulla decisione di dimettersi dal Senato senza però lasciare il Movimento. Va inoltre ricordato che il numero dei fuoriusciti al Senato ha superato la soglia minima per la costituzione di un gruppo autonomo. Quindi non serviranno più i corteggiamenti di chi come Civati spera di trovare i numeri per una nuova maggioranza. Un veterano del gran rifiuto come Alessio Tacconi (da tempo approdato al gruppo Misto di Montecitorio) guarda il destino dei colleghi con forte empatia: «Da movimento che voleva cambiare le cose si sta trasformando in una setta di fanatici come quella tristemente nota del reverendo Jones».


Il paragone è agghiacciante, visto che fa riferimento alla setta del Tempio del Popolo la cui vicenda si concluse (1978) con un omicidio-suicidio di massa: oltre 900 morti (tra cui molti bambini). Il più drammatico fatto di sangue dopo le Torri gemelle sul territorio americano.

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