Fabbrica lager, colpevoli già spariti

RomaNon hanno un nome gli operai cinesi morti due giorni fa nell'incendio a Prato. Sconosciuti, proprio come il titolare e il gestore di fatto della ditta «Teresa moda» in via Toscana. Gli inquirenti stanno cercando di individuare i due responsabili, che dovranno rispondere di omicidio plurimo colposo, disastro colposo, omissione delle norme di sicurezza e sfruttamento di mano d'opera clandestina, in quanto uno dei feriti e l'unica vittima identificata ad oggi risultano entrambi clandestini. La proprietaria dell'azienda, che dovrebbe essere una donna, risulta infatti irreperibile, mentre non è escluso che a guidare gli altri lavoratori potesse esserci uno dei feriti o dei sei cadaveri.
Il procuratore Piero Tony e il pm Lorenzo Gestri, titolari delle indagini, stanno valutando anche la posizione del proprietario italiano del capannone. «Ci sono diverse irregolarità - hanno spiegato -. I cinesi vivevano su un soppalco suddiviso in piccolissime stanzette, con pareti di cartone e cartongesso. Dove lavoravano c'era anche un cucinino per preparare i pasti». L'incendio sarebbe divampato proprio dove erano i fornelli. Ma nei locali c'erano anche stufe elettriche e impianti di condizionamento. Sembrano comunque da escludere cause esterne o riferibili a terzi. Sfuma quindi il sospetto che il rogo sia da collegare a qualche forma di racket. «Era prevedibile - spiega il pm Tony - qui è il Far West e noi siamo sottodimensionati: tarati su una città di 30 anni fa».
Ieri i vigili del fuoco hanno ultimato la messa in sicurezza dell'area, spiegando che se all'interno del materiale in muratura ci fosse amianto, non sarebbe comunque pericoloso, perché sarebbe incapsulato nel catrame. I due feriti gravi, intanto, lottano tra la vita e la morte, mentre è difficile scoprire quante persone lavoravano nella ditta perché, come evidenziato dal capo della mobile Francesco Nannucci, molti nella comunità cinese sono reticenti. Durante la bonifica i pompieri hanno trovato anche alcune buste con documenti all'interno, che potrebbero essere ricollegabili alle vittime. Si sa per certo che viveva lì anche un bimbo, uscito illeso con i genitori. Il consolato cinese a Firenze ha espresso profondo dolore mentre domani a Prato è stato proclamato il lutto cittadino. Il governatore della Toscana, Enrico Rossi ha chiesto un incontro urgente al presidente Enrico Letta e al ministro Alfano per discutere questa «situazione esplosiva», considerando che in 4 anni la Procura ha sequestrato 600 strutture e che dai controlli fatti dal Ministero del Lavoro nei primi 9 mesi del 2013 il tasso di irregolarità per le aziende del distretto di Prato era del 76 per cento. «Qui non ci sono solo capannoni con i dormitori - ha sottolineato il sindaco Roberto Cenni - ma appartamenti adibiti a laboratorio dove i cinesi lavorano e vivono in condizioni intollerabili. Siamo al medioevo: in alcuni controlli sono stati trovati operai legati alle macchine».

E in serata anche Giorgio Napolitano, in una lettera di risposta a Rossi, ha sollecitato interventi concertati a livello nazionale, regionale e locale per far emergere questa condizione insostenibile di illegalità e sfruttamento.

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