Roma - Ora la parola d’ordine che mette tutti d’accordo, nel Palazzo, è «fare presto». Fare presto a dare un segnale che possa almeno frenare la rivolta dell’opinione pubblica contro i partiti mangia-soldi; far presto a varare nuove regole sui finanziamenti pubblici che evitino scandali come quelli scoperchiati negli ultimi mesi, dal caso Lusi al caso Lega; dalle spaghettate al caviale ai diplomi regalati a figli ripetenti e amanti recalcitranti coi soldi del contribuente. Fare presto anche perché in piena estate, quando si suppone che i cittadini siano distratti e sotto l’ombrellone, nelle casse dei partiti pioverà un altro centinaio di milioni di euro pubblici, frutto delle nuove rate di «rimborsi» per le elezioni politiche del 2001; più circa altri 80 milioni di rata spettante per le elezioni europee e regionali. Cioè, poco meno di 200 milioni in totale.
C’è chi, come l’ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini, per fare presto si spinge ad ipotizzare un decreto legge «ad hoc» del governo, perché «se non cambiamo presto le norme rischiamo di essere travolti tutti: le vicende di questi giorni le paga la politica intera». Il governo, però, ci va con i piedi di piombo e, come dice Mario Monti dal Libano, per ora «riflette». Il ministro Paola Severino assicura che «il governo è pronto ad intervenire, anche per decreto», poi ipotizza in alternativa una norma ad hoc nel ddl anticorruzione. In Parlamento sono molte le perplessità sullo strumento del decreto: «È una proposta puramente propagandistica, un cedimento alla piazza ma senza costrutto», spiega Gianclaudio Bressa del Pd. «Anche perché entro maggio è già calendarizzata in aula a Montecitorio la discussione delle proposte di riforma dei partiti, in attuazione dell’articolo 49 della Costituzione: è quella la premessa necessaria per ridisegnare anche il sistema di regole e controlli sui bilanci delle forze politiche». E l’esponente democrat è ottimista sulla «volontà comune» di tutti i partiti di mettere finalmente mano ad una riforma che aspetta da sessant’anni di essere attuata, per dare finalmente ai partiti una connotazione giuridica più stringente.
In verità, le parole del relatore dei provvedimenti in materia di regole e trasparenza dei partiti, il rappresentante di Popolo e territorio Andrea Orsini, non sono proprio incoraggianti: «Non ci sono novità e non ce ne saranno per i prossimi quindici giorni», spiega flemmatico. Facendo insorgere il radicale Maurizio Turco, autore della prima proposta di legge depositata (prevede un rimborso di 1 euro a voto, contro i 5 attuali, ma solo a fronte di spese dimostrate e certificate): «La commissione Affari costituzionali di Montecitorio ha fatto un ampio lavoro istruttorio sulla materia, ora basta giochetti e il relatore si dia una mossa: con tutto quel che sta venendo fuori non sarebbe giustificabile un ritardo ulteriore». I radicali, che hanno annunciato un nuovo referendum abrogativo del finanziamento pubblico (dopo quello già da loro promosso e vinto negli anni ’90, e successivamente ignorato dalla nuova legge sui rimborsi elettorali), bocciano le proposte che stanno circolando: «Ci manca solo una nuova Authority sui bilanci dei partiti, nominata ovviamente dai partiti», taglia corto Turco.
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