Quando Luca Zaia, che presiede il congresso, invita «i contrari ad alzare la mano», dalla platea dei delegati si levano solo due cartellini gialli contro Roberto Maroni. Sono due donne. Sul lato destro del palco cè Paola Goisis, la deputata veneta che ha sempre contestato apertamente il nuovo segretario. Sul lato opposto, sorpresa: ad alzare la mano è Federica Boccaletti, 37 anni, delegata modenese, soprattutto portavoce di Rosi Mauro, che per i leghisti ormai è il simbolo del nemico. Ha scelto una mise elegantissima per sfoggiare il suo no, e sfida i fischi ostentando il cartellino alzato mentre cammina in platea. «Non ho mai avuto paura a difendere le mie idee - sorride - adesso il mio nome finirà nel registro nero?». Non aggiunge altro: lobiettivo era votare contro, non farsi pubblicità. Chi invece ci tiene a motivare il suo no è la Goisis, che, dopo la passerella sotto il palco, scrive una nota: «Per me il faro rimane e rimarrà sempre Bossi. Lui è il numero uno e dà lui la linea politica: tutti gli altri possono essere soltanto secondi». E attacca: «Non aver votato a scrutinio segreto è la dimostrazione che qualcuno ha avuto paura dei numeri. Maroni ha avuto 400 firme su 600 delegati: è il segretario di circa il 65% dei leghisti e non di tutta la Lega».
Più tardi, anche il lombardo Flavio Tremolada farà mettere a verbale il suo no. Due gli astenuti. Chissà se uno è Marco Reguzzoni, lex capogruppo alla Camera odiato dai maroniani. Quando Maroni lo vede seduto in platea, gli stringe la mano. Lui ricambia, senza alzarsi. ..PSet
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