di Ombretta Colli*
C aro Feltri,
hai ragione. Il tuo editoriale sulla condizione delle mamme in Italia ha messo a fuoco con la consueta chiarezza ed efficacia una questione cruciale per il futuro del nostro Paese. Se lo spunto dal quale sei partito, il caso della signora milanese denunciata per abbandono di minori perché per fare la spesa aveva lasciato per un quarto d'ora le tre figlie piccole in auto, rappresenta un episodio limite, la realtà con cui le madri sono costrette a confrontarsi quotidianamente è imbarazzante.
Molti dei servizi su cui le famiglie possono fare affidamento per la cura dei propri figli sono ancora organizzati secondo un modello che poteva andar bene quarant'anni fa, quando la casalinga a tempo pieno non era una figura in via d'estinzione, ma che oggi è del tutto superato. La mia generazione tornava a casa da scuola che la mamma stava buttando la pasta. Io ho in mente questa immagine, che allora era la regola ma che oggi rappresenta invece una rarità.
È possibile che nel 2012, come hai sottolineato anche tu, il tempo pieno nelle scuole sia ancora un «privilegio» riservato ai genitori che iscrivono i figli negli istituti privati? Ed è possibile che ogni estate le famiglie debbano mobilitare nonni e parenti a cui affidare i propri bambini, oppure pagare profumatamente, per i fortunati che possono permettersela, una baby-sitter?
La situazione è particolarmente drammatica nelle grandi città, dove le donne lavoratrici sono più penalizzate dalla distanza dalla famiglia di origine. Ma, anche se nei centri piccoli le cose vanno un po' meglio perché genitori e parenti vivono in genere più vicini, il problema riguarda tutti.
Eppure le soluzioni ci sarebbero. Per anni, in Senato, mi sono impegnata nelle commissioni parlamentari chiedendo che le scuole pubbliche adottassero l'orario prolungato fino alle 18. Ma il tema sembrava non interessare nessuno. Oggi che il nostro Paese attraversa una crisi economica dalla quale uscirà profondamente trasformato, è però necessario affrontarlo. Tanto più che per cambiare le cose non servono necessariamente nuove risorse economiche.
Si pensi, ad esempio, alle migliaia di insegnanti che perdono intere giornate di lavoro per distacco sindacale. Il loro impiego potrebbe bastare per garantire il tempo pieno prolungato a molte classi. E i casi in cui è possibile recuperare efficienza sono molti di più.
Basta avere voglia di fare ed essere più energici. E fare uno scatto culturale.
*Senatrice Pdl e sottosegretario alle Pari opportunità, Moda e Design della Regione Lombardia
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