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Festa della Liberazione e primo maggio spaccano ancora il Paese

Anche quest'anno polemiche su 25 aprile e primo maggio: ecco i mali di uno Stato ancora ancorato al passato

Festa della Liberazione e primo maggio spaccano ancora il Paese

Due date che dividono ancora a metà il Paese. È la fotografia di un'Italia ancora strozzata dalla discussione sul 25 aprile e del primo maggio. Ogni anno, per due giorni, il Paesi si ferma e sembra retrocedere nel tempo. Tornano gli slogan e gli stendardi anti fascisti per commemorare i caduti della Seconda guerra mondiale, nella bieca convinzione per cui chi milita a sinistra ha l’esclusiva sulla storia e del sangue versato. E tornano le rivendicazioni e i cortei di quei sindacati che nelle fabbriche e sui posti di lavoro non riescono più a rispondere alle esigenze e ai problemi dei lavoratori. Nonostante l'anacronismo, gli scontri e le polemiche legate al 25 aprile e al primo maggio vanno in scena puntuali ogni anno.

A Roma l'Anpi ha scatenato il putiferio non invitando le istituzioni, il sindaco Gianni Alemanno e il governatore Renata Polverini in primis, alla manifestazione organizzata per il 25 aprile. Nei giorni scorsi l'associazione di partigiani si era difesa spiegando che "la festa è aperta a tutti gli antifascisti e i democratici", mentre il primo cittadino e la presidente regionale si dicono amareggiati, invocando l'intervento del presidente del Repubblica Giorgio Napolitano. Il Quirinale ha provato a metterci una pezza provando a dare un segnale di unità. All’incontro di oggi al Quirinale con le Associazione combattentistiche e d’arma, che tradizionalmente apre le celebrazioni per l'anniversario del 25 aprile, sono infatti presenti anche Alemanno e la Polverini. Al di là della mossa del capo dello Stato per far incontrare i vertici delle istituzioni romane con l'Anpi nazionale, l'amarezza rimane. "Bisogna smettere di pensare che chi milita da una parte o dall’altra ha l’esclusiva sulla storia - ha commentato la Polverini - il sangue è stato versato da tutti e chi ha versato il sangue è anche il mio sangue e di quelli che mi hanno votato".

Non c'è soltanto l'Anpi ad alzare i toni dello scontro. Anche i sindacati ci hanno messo del loro. Quest'anno, per la prima volta, i negozi resteranno aperti il 25 aprile e il primo maggio. La liberalizzazione del settore del commercio, introdotta dal governo Monti a gennaio, ha finalmente permesso ai commercianti di poter fare quello che vogliono senza dover sottostare ai diktat della Triplice. Ma i sindacati confederali non ci stanno. E indicono una serie di scioperi unitari per impedire che le saracinesche vengano alzate. Non solo. La Cgil, la Cisl e la Uil hanno pure lanciato un appello ai consumatori affinché boicottino i negozi aperti in quei giorni. Oltre che a Milano, dove il sindaco Giuliano Pisapia vuole imporre la chiusura dei negozi sia per il 25 aprile sia per il primo maggio, lo sciopero unitario della Triplice è stato indetto in numerose regioni d'Italia: dal Lazio all'Abruzzo, fino alla Toscana. E ancora: le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara. 

In momenti di forte crisi economica, la scelta prettamente ideologica di obbligare i negozi a rimanere chiusi durante in quei giorni durante i quali le città d'arte vengono prese d'assalto dai turisti è deleteria sia per i commercianti sia per l'economia del Paese. Persino in molti supermercati Coop si lavorerà. Non solo. In Veneto sono gli stessi lavoratori precari a oppongorsi allo sciopero.

Così, mentre le barricate dell'Anpi fanno male all'unità dell'Italia, le lotte dei sindacati fanno male alla crescita economica del Belpaese: due mali di uno Stato ancora ancorato al passato.

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