Finmeccanica, Orsi e il piano delle cessioni

Finmeccanica, Orsi e il piano delle cessioni

La zuppa oggi si occupa di armi. E cioè di Finmeccanica. Quello che sta avvenendo è sotto gli occhi di tutti. E cerchiamo di ricordarlo senza molti fronzoli. In un’azienda che vende armi (loro spesso preferiscono dire: sistemi di difesa) una certa zona grigia, di opacità c’è da aspettarsela. La segretezza può alimentare comportamenti obliqui, interessi personali, interventi fuori dai canoni della correttezza. I magistrati ritengono che al suo interno si sia costituito un comitato d’affari che abbia lucrato a danno degli azionisti e degli interessi della stessa azienda. Il suo storico leader, Pier Francesco Guarguaglini, e sua moglie Marina Grossi, a capo di un ramo di azienda importante, sono stati giubilati. Il potente numero uno delle relazioni esterne, Lorenzo Borgogni, ha già patteggiato tre mesi di carcere, cavandosela tutto sommato a buon mercato. Ma nel frattempo sta rivelando supposti comportamenti illeciti anche da parte del nuovo management. L’azienda è infatti oggi guidata da Giuseppe Orsi. Sulle dichiarazioni di Borgogni, l’universo mondo sta costruendo, o per meglio dire sta distruggendo, la reputazione del nuovo amministratore.
Una volta scoppiato il primo grande pasticcio sulla coppia Guarguaglini-Grossi, il Tesoro ha dovuto scegliere in fretta e furia un successore allo storico leader. Il ragionamento è stato molto chiaro. Qual è la società della Finmeccanica più florida e di successo? Agusta Westland, elicotteri. Non potendo affidare tutto il malloppone al suo grande e storico leader Amedeo Caporaletti (per banali questioni anagrafiche) si è scelto il suo delfino, che già da anni nuotava bene nel mare aperto, cioè Orsi. As simple as that. Per la verità in corsa c’è stato anche il numero uno di Ansaldo energia, Giuseppe Zampini. Ottimo manager, sa il fatto suo. Ma all’epoca della scelta aveva un problemino. Beh, intanto Ansaldo energia non è Agusta, e poi era sponsorizzato da Guarguaglini, che con Zampini aspirava a un ticket: presidente e ad.
Oggi i giochi sembrano riaprirsi. Non tanto sul futuro azionario di Finmeccanica, ma sul suo perimetro di attività. E dunque sul manager migliore per guidare il gruppo. Intanto diciamo subito che Finmeccanica non può passare di mano senza l’assenso del governo che detiene una golden share fortissima sul settore della difesa. Anche con le modifiche appena approvate (per rispondere alle obiezioni comunitarie) sulla golden share, il controllo della holding è blindato. Non è detto che resti con la stessa fisionomia che ha oggi. Questo è il grande scontro oggi in atto. A renderlo esplicito solo pochi giorni fa è stato proprio Zampini che in un incontro pubblico ha apertamente contestato la scelta di Orsi di vendere una buona fetta delle «attività civili». La strada tracciata dal nuovo amministratore è chiara: Finmeccanica si dovrà concentrare sui settori della Difesa e abbandonare progressivamente il resto. Un modo per fare cassa e gestire il debito derivante dalle passate acquisizioni (tra cui quella dell’americana Drs). Ma anche un modo per affrontare con maggiore serenità il futuro, dicono dalle parti di via Monte Grappa. Le attività civili non hanno praticamente più commesse in Italia e sono troppo piccole per competere nei nuovi mercati. Prima delle rivelazioni giudiziarie, Orsi e i suoi erano in trattative con i giapponesi dell’Hitachi per piazzare la deficitaria Ansaldo Breda (che negli ultimi tre anni ha perso più di 500 milioni) e una fetta del gioiellino Ansaldo Sts (quotata in Borsa). E stavano valutando alcune manifestazioni di interesse su Ansaldo Energia (di cui una parte di capitale è in mano a un fondo puramente finanziario). Mal contati si tratta di circa un miliardo di euro (considerando il deconsolidamento dei debiti Breda) che farebbero molto comodo a Orsi. Ma ora, cosa che il ministro Passera sa bene, si rischia di ricominciare tutto daccapo.
Ps. Certe barzellette americane sugli avvocati valgono anche dalle nostre parti. Nella guerra per il controllo di Impregilo, ieri i più duri in assemblea sono stati gli avvocati dello Studio Erede (per conto di Salini) che hanno pure contestato il rilascio di un fondo rischi per la vecchia questione del termovalorizzatore di Acerra.

Peccato che all’epoca fossero proprio loro a difendere Impregilo sulla vicenda campana. E uno dei due avvocati, e qui non c’è articolo 36 sui doppi incarichi che conti, era pure nel cda della società che vendette agli attuali «nemici» di Salini.

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