Il Fmi striglia il governo sui tagli Nel 2015 arriva un'altra stangata

Il monito sul Def: "I risparmi di spesa siano strutturali". Intanto l'esecutivo prepara nuove sorprese: nel documento spunta una manovra da 4,8 miliardi per ridurre il deficit

Il Fmi striglia il governo sui tagli Nel 2015 arriva un'altra stangata

Roma - La spuntatina alla bolletta energetica e, sull'altro piatto della bilancia, una stangata sui biglietti ferroviari. I famosi 80 euro di imposte per i redditi bassi escono in pompa magna dalla porta principale? Dalla finestra potrebbe rientrare la tagliola sulle detrazioni che agevolano le famiglie. Di sicuro, c'è l'addizionale locale sulla Tasi.

Con tutte le cautele del caso (il Def è solo un documento programmatico), il governo Renzi rischia di rendersi protagonista di un gioco a somma zero, dove i benefici, nella migliore delle ipotesi, sono annullati da costi più o meno occulti.

Il rischio è apparso chiaro dalla proiezione dei conti del 2015 contenuta nel Def. Ieri il premier Matteo Renzi (impegnato anche sul nodo delle nomine che, secondo il sottosegretario Graziano Delrio, sarà sciolto lunedì) ha escluso una manovra. «Per la prima volta si restituisce invece che prendere. In molti non sono abituati ma è bene che se ne facciano una ragione». Ma nel documento, nella versione definitiva che sarà inviata a Bruxelles, si parla esplicitamente di «una manovra di consolidamento» di 4,8 miliardi, per il prossimo anno, per ridurre il deficit strutturale e riportarlo nei limiti dei patti.

Per il 2014 non ci sono correzioni in vista. Ma non è il caso di escludere brutte sorprese. C'è quella che Daniele Capezzone ha definito la «tassa Renzi», cioè l'aliquota aggiuntiva dello 0,8% sulla Tasi. Il decreto Salva Roma permette ai Comuni di destinarla anche alla spesa corrente.

Qualche imprevisto potrebbe spuntare a fine anno, se la spending review non darà quando previsto, cioè 4,5 miliardi di euro. Parte dei proventi delle sforbiciate di Carlo Cottarelli erano infatti già stati impegnati dal governo Letta quando evitò il taglio lineare (prima del al 19% e poi, a regime, al 17%) alle detrazioni su varie voci, comprese le spese per i farmaci, le assicurazioni e i mutui. Le cifre sono di tutto rispetto. Poco più di 488,4 milioni di euro per il 2014. «Fanno già parte della spending review», assicurano fonti di via XX Settembre, che però non spiegano cosa succederà se Cottarelli non centrerà l'obiettivo. In ogni caso, nel 2015, la tagliola sulle detrazioni potrebbe scattare automaticamente.

Per l'anno in corso fonti parlamentari vedono all'orizzonte non tanto tagli alla spesa pubblica quanto altri aumenti fiscali, quando si tratterà di fare il saldo tra nuove spese renziane e i tagli di Cottarelli. Ad esempio accise. Quelle sul tabacco potrebbero essere già ritoccate la prossima settimana con un probabile aumento che però rischia di andare a vuoto. Un recente studio condotto dal dipartimento di economia e finanza dell'università Luiss ha dimostrato che gli ultimi aumenti del 2013 (30 centesimi) hanno per la prima provocato, non un aumento di gettito, ma un calo di 700 milioni di euro.

Altro nodo quella sul blocco degli stipendi degli statali fino al 2020, nel senso che il beneficio fiscale dei pubblici dipendenti se ne andrebbe in termini di minori entrate. Misura particolarmente invisa alla sinistra. Il presidente della commissione Lavoro della Camera Cesare Damiano, esponente Pd, ha attaccato il governo e, a stretto giro di posta, il blocco è stato smentito dal ministero dell'Economia guidato da Pier Carlo Padoan.

Nessuna smentita sui risparmi da trasporto ferroviario da ottenere con «eventuali» aumenti delle tariffe dei treni. Biglietti più cari, insomma. L'unica chance di Renzi è ottenere da Bruxelles più margini.

Partita complessa che potrebbe anche fare ritardare il taglio Irpef a dopo le Europee. Oppure fare come ha suggerito ieri il Fondo monetario internazionale. Per fare sì che siano efficaci, «nel riequilibrio fiscale è importante che i tagli alla spesa non siano una tantum».

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