Il Fondo monetario avverte: «L’euro ha tre mesi di vita»

Il Fondo monetario avverte: «L’euro ha tre mesi di vita»

«Meno di tre mesi per salvare l’euro». Voilà, Christine Lagarde ha colpito ancora. Proprio lei, la leader del Fondo monetario internazionale, tra le donne più potenti al mondo, ma anche indiscussa regina delle gaffe. Con l’eco ancora fresca della “sparata“ contro la Grecia («Penso sempre ai bambini del Niger. Loro hanno più bisogno di aiuto della gente ad Atene»), ecco altre parole piombare come benzina sull’incendio della crisi europea. Urge rettifica, perchè come sempre accade in questi casi è sempre colpa della malevola interpretazione dei giornalisti: «Non intendevo dire che c’è una deadline - ha precisato più tardi la Lagarde - , non c’è un quadro temporale che implichi un punto di non ritorno».
Ma ormai il danno è fatto. Ancora una volta da uno stile di comunicazione inappropriato. Accostare una data all’euro è oggi una leggerezza quasi imperdonabile. È come servire un assist a porta vuota alla speculazione, rendendo i mercati ancora più vulnerabili. Soprattutto se nello stesso giorno un’altra improvvida esternazione, come quella della ministra austriaca delle Finanze, Maria Fekter («Anche l’Italia potrebbe avere bisogno di aiuto»), costringe l’Eurogruppo a scendere in campo per bollare come «totalmente falsa» l’ipotesi di un salvataggio del nostro Paese. Per la verità perfino Fitch, che ieri ha fatto calare la scure su ben 18 banche spagnole contribuendo a indebolire i mercati, considera «improbabile» che Roma possa lanciare un Sos finanziario. «L’Italia ha un deficit di bilancio molto basso - ha spiegato il direttore dell’agenzia di rating, Ed Parker, - ha anche un basso deficit delle partite correnti e non ha problemi con le banche».
Eppure anche ieri, dopo la Caporetto di lunedì, Piazza Affari ha vissuto un’altra giornata critica, nonostante il calo finale sia stato contenuto (-0,7%, ma meglio si sono comportate le altre Borse continentali) proprio grazie alle rassicurazioni dell’Eurogruppo. Fino al primo pomeriggio il listino accusava ancora perdite attorno al 2%, con i titoli bancari colpiti dall’ennesima ondata di vendite, mentre lo spread Btp-Bund schizzava fino a 490 punti (chiusura a quota 472) e i rendimenti sui decennali toccavano il 6,3%. Colpa anche del cartellino giallo sventolato sotto il naso dalla stessa Fitch a Germania, Lussemburgo, Olanda e Finlandia: «Sono a rischio tutti i Paesi a tripla A dell’Eurozona», ha ammonito l’agenzia di rating.
Con la Bce che ancora si astiene dall’acquistare bond dei Paesi periferici pur giudicando possibile «un potenziale aggravamento della crisi per i debiti sovrani dell'area», gli investitori continuano a interrogarsi sulle possibili conseguenze degli aiuti per 100 miliardi alle banche spagnole; ma, soprattutto, sulle condizioni macroeconomiche del Paese iberico, costretto a una dura terapia di bilancio nonostante una recessione che morde. Ipotizzare uno scantonamento dal regime del rigore imposto appare quanto mai difficile. Frau Angela Merkel non ha cambiato idea: «Sarebbe catastrofico» interrompere il percorso di risanamento dei bilanci «proprio ora che alcuni Paesi iniziano a muoversi nella direzione giusta». Il messaggio della Cancelliera è forte e chiaro: Berlino non si lascerà intimidire dal probabile pressing che verrà esercitato da coloro che sfrutteranno il vertice G20 della prossima settimana per sostenere l’urgenza di adottare misure a favore della crescita economica. Anche in deficit di bilancio. La Germania punta invece a scambiare la condivisione delle perdite con l’accettazione di una «perdita della sovranità nazionale», come ha spiegato la Merkel. Che ha ribadito l’ennesimo nein agli Eurobond: «Equivarrebbe a mettere il carro davanti ai buoi e ci porterebbe assolutamente nella direzione errata».
A uno scenario già assai problematico, si somma l’incognita delle elezioni greche del prossimo week end. L’agenzia Standard & Poor’s mette in guardia da un’uscita di Atene dall’euro che scatenerebbe una fuga di capitali dal Paese, distruggendone il sistema bancario, e provocherebbe «ondate di fallimenti» di privati e imprese. Il conto alla rovescia in vista del voto sta mettendo in secondo piano il negoziato in corso tra i governi per spezzare il circolo vizioso crisi del debito sovrano-crisi bancaria attraverso l’idea di una “unione bancaria“.

Il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, intende presentare al vertice europeo del 28 e 29 giugno «i principali tasselli» per una «maggiore integrazione bancaria, dei conti pubblici ed economica» che la Bce vorrebbe imperniare - per la parte che riguarda il mondo del credito - su tre cardini: vigilanza unica del settore, un meccanismo per salvare le grandi banche e criteri unificati per gli accantonamenti.

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