
È da tempo protagonista di una azione di sensibilizzazione a tutto campo sul problema del sovraffollamento e delle condizioni di vita spesso estreme che si sperimentano dentro le carceri italiane. Ha scritto una serie di lettere pubbliche con cui attraverso scene vivide e toccanti, ha smosso le coscienze di molti, raccontando ciò che sta vivendo in prima persona in questa stagione della sua vita lontana dalla ribalta delle cariche istituzionali e parlamentari. Ha chiesto alla politica di venire a vedere come si vive nei penitenziari e visitare il suo braccio, il G8, sigla che aggiunge un tocco di amara ironia al suo forzato soggiorno.
Gianni Alemanno - detenuto a Rebibbia dal 31 dicembre 2024 per non aver rispettato gli obblighi che gli erano stati imposti dai giudici di sorveglianza dopo la condanna definitiva per influenze illecite - nei giorni scorsi aveva indirizzato una lettera aperta ai presidenti delle Camere, chiedendo loro di venire a conoscere la realtà e la quotidianità carceraria.
Ieri ha ottenuto un primo risultato. Il Presidente della Camera Lorenzo Fontana ha varcato i cancelli del carcere di Rebibbia (Ignazio La Russa lo aveva fatto alcune settimane fa). Un gesto di presenza istituzionale in un luogo emblematico delle emergenze del sistema penitenziario. Accolto dalla direttrice Maria Donata Iannantuono e da una delegazione della polizia penitenziaria, Fontana ha rinnovato la propria
stima e riconoscenza per chi lavora nelle carceri. Ha poi incontrato alcuni detenuti, compreso l’ex ministro ed ex sindaco di Roma.
«Ci tenevo a essere qui per manifestare la piena vicinanza a chi opera in queste strutture esprimendo attenzione ai temi emersi in relazione alla situazione carceraria e ricordando la seduta straordinaria che si è tenuta alla Camera lo scorso 20 marzo. Occorre continuare a lavorare con determinazione per superare problemi storici come il sovraffollamento e la carenza d'organico», ha dichiarato Fontana. Un primo passo per portare fuori dal «buco nero » – come lo ha definito Alemanno – un universo che grida per ottenere visibilità e cambiamento.
La lettera aperta inviata ai presidenti delle Camere era stata firmata da due «persone con esperienze molto diverse una contraddistinta da un pluridecennale impegno politico e istituzionale, l'altra da una lunghissima esperienza carceraria vissuta studiando Giurisprudenza e lavorando come scrivano al servizio delle altre persone detenute». Cioè Gianni Alemanno e Fabio Falbo, detenuto da 20 anni durante i quali si è laureato in giurisprudenza.
«Mentre le temperature superano i 45 gradi, i ventilatori sono un lusso per pochi, le celle sono camere a gas, le docce funzionano a intermittenza e l'acqua potabile scarseggia, ogni estate si ripete lo stesso copione: suicidi, proteste, appelli, e poi il silenzio»
COLLOQUIO L’incontro a Rebibbia tra Lorenzo Fontana, presidente della Camera, e Gianni Alemanno
si legge nella lettera. «Qui si muore di caldo, ma la politica dorme con l’aria condizionata. Se uno studente volesse sperimentare il significato di ‘gradiente termico’ dovrebbe venire qui: salendo al secondo piano, si arriva a quasi dieci gradi in più rispetto al piano terra… “l’effetto forno” è una realtà». Come ha raccontato Edoardo Albertario, l’avvocato dell'ex sindaco, Alemanno «è in una cella con altre cinque persone, le temperature sono proibitive. Rebibbia è un carcere tutto lamiera: l'estate diventa un inferno. Al G8 ci sono stati tentativi di suicidio, questa situazione va denunciata».
Il clima rovente si accompagna a un sovraffollamento che ferisce la dignità. «A San Vittore il tasso di sovraffollamento ha superato il 220%, a Regina Coeli nel cuore di Roma è al 192%, mentre quello medio di tutti gli istituti è del 133%».
Nel 2024, ben 71 persone detenute si sono tolte la vita - sottolineano nella lettera - , «nei primi sei mesi del ’25 siamo già a 38, un suicidio ogni cinque giorni, numeri che gridano vendetta, ma che non fanno rumore, perché chi muore in carcere, spesso, muore due volte, nella cella e nell'indifferenza collettiva».