Vent'anni di sinistra italiana in otto parole: forcaioli con gli altri, supergarantisti con se stessi. Non sono cambiati neppure con l'arrivo di Renzi. La prova è il buon Vasco Errani. Errani, presidente della Regione Emilia Romagna, è stato condannato a un anno di reclusione per aver favorito il fratello. Errani fa sapere che si vuole dimettere e dal Pd arriva un coro di «ripensaci». Una batteria di dichiarazioni pro Errani, lamenti sulla sua indiscutibile onestà. Enrico Rossi, collega della Regione Toscana, dice che ci sono reati e reati. «Il falso ideologico non è un reato infamante per un presidente, per chi fa politica. Infamanti sono le condanne per corruzione». Poi arriva una nota del Pd che si avventura in strani sofismi di logica. Questi: «Errani non si deve dimettere perché proprio la sua scelta di dimettersi indica il suo senso dello Stato e delle istituzioni». La ratio insomma suona così: se uno si vuole dimettere è senza dubbio una brava persona.
Ora va tutto bene. Errani resti pure al suo posto. Ma perché quando Scopelliti, all'epoca sindaco di Reggio Calabria, venne condannato in primo grado per abuso e falso nessuno a sinistra spese un dubbio? Tutti a gridare: si deve dimettere, subito. Perché se rinviano a giudizio Vendola tutti zitti e quando tocca a Chiodi, governatore dell'Abruzzo, non è mai troppo tardi?
Questo atteggiamento è il male oscuro della sinistra. È il suo complesso di superiorità. È una malattia da psicanalisi. È l'idea che a destra sono presunti colpevoli e a sinistra innocenti per grazia di Dio e volontà della nazione. Tutto questo fa schifo. Il Pd dovrebbe prendere esempio dal silenzio di Forza Italia su Errani: nessuna accusa, nessun cappio.
Il caso Errani avviene nel giorno in cui Pier Silvio Berlusconi e Fedele Confalonieri sono assolti nel processo Mediatrade. Una sentenza che arriva dopo cinque anni. E per cinque lunghi anni la sinistra li ha considerati colpevoli. C'è puzza di ipocrisia.
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