Milano - E così anche per gli eredi di don Giussani è arrivato il serrate le righe. «O con me, o contro di me» ha sferzato l'altra sera i fedelissimi di Comunione e liberazione un Roberto Formigoni (nel tondo) deciso a tracciare un solco netto. Perché, al di là dell'annuncio ufficiale che arriverà solo oggi, la decisione di abbandonare il progetto di una lista autonoma (e magari con il suo nome) per appoggiare Mario Monti e Gabriele Albertini è tramontata. «Non appoggeremo mai chi farà da stampella alla sinistra: Bersani a Roma e Ambrosoli in Lombardia», spiegherà Formigoni ai ciellini più dubbiosi. Un matrimonio che non s'aveva da fare quello con il duo Monti-Albertini «che si spaccia per civico - dice un formigoniano doc - ma che si trascina dietro due rottami della vecchia politica come Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini».
E così nelle ultime ore è maturato l'accordo di Formigoni con i vertici del Pdl, pronti a riconoscergli ancora un certo appeal elettorale. E così sul piatto del Celeste sono stati messi sei seggi sicuri tra Montecitorio e Palazzo Madama: oltre al suo, quello del vice presidente della Camera Maurizio Lupi, degli uscenti Raffaello Vignali, Renato Farina e Gabriele Toccafondi in Toscana. Un posto da matricola andrà a Paolo Alli, l'attuale sottosegretario alla Presidenza in Regione. Oppure agli ex assessori Marcello Raimondi o Giulio Boscagli che di Formigoni è pure cognato. Per quanti riguarda la Regione, invece, l'accordo prevede un candidato ciellino in ogni provincia e, in caso di vittoria del leghista Roberto Maroni, il cruciale assessorato alla Sanità a un uomo del Pdl. Che, con 23,2 miliardi di euro all'anno, potrà disporre di gran parte del bilancio regionale. Già pronta la falange ciellina, con il capogruppo in consiglio comunale Carlo Masseroli schierato nel collegio di Milano, il cardiologo e consigliere regionale Stefano Carugo a Monza e Brianza, l'ex assessore regionale Raffaele Cattaneo a Varese, il consigliere regionale Mauro Parolini a Brescia, il presidente della Provincia Massimiliano Salini a Cremona e l'assessore Patrizio Tambini a Como. Nomi che fuori dalla Lombardia potrebbero non dire molto, ma che sono invece la rappresentazione plastica di come la possibile emorragia ciellina verso le liste montiane sia stata arginata da un Formigoni di cui qualcuno aveva già cominciato a mettere in discussione il carisma.
E così il bilancio finale di cielle dovrà probabilmente registrare solo la defezione dell'europarlamentare Mario Mauro.
Che proprio ieri a Bruxelles ha annunciato le sue dimissioni da capogruppo del Pdl. «Un colonnello senza soldati», taglia corto un ormai ex commilitone.
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