La Francia convoca l'Europa "La compassione non basta"

Qualcosa si muove. Corone di fiori in mare e polemiche sui soccorsi: "Ma non ci sono reati"

Soffia ancora forte lo scirocco su Lampedusa, nuvoloni plumbei e mare mosso. Quasi che anche il tempo voglia mostrare rabbia e dolore per quei morti che cercavano una vita nuova. Nonostante tutto ieri i pescatori sono salpati e hanno sfidato onde alte e vento per avventurarsi sul luogo dove una boa bianca indica il punto in cui giace il relitto, a 47 metri di profondità. Hanno lanciato in acqua corone di fiori. In memoria delle vittime. E sono ancora tante, forse più di un centinaio, quelle rimaste intrappolate nel ventre del barcone. Un sommozzatore, intervenuto poco dopo il disastro, raccontava amaro di aver visto decine di corpi avvinghiati, come in ultimo disperato abbraccio. L'amore di fronte alla paura della fine. Bisognerà però attendere ancora prima di poter recuperare le salme, ma lo si farà. I naviganti lo sanno. È una legge: «Chi finisce in mare, vivo o morto va ripreso».

Così mentre la procura di Agrigento dava ieri l'autorizzazione alle esequie (sono 111 i cadaveri ancora nell'Hangar dell'aeroporto), sui lontani tavoli della politica si continuava a dissertare. Tra melense e demagogiche dichiarazioni sui umani diritti, e parole di pelosa solidarietà tanto melense da suonare talvolta ipocrite Poi, come al solito, si cerca qualche colpevole da crocifiggere. Dopo le polemiche assortite dei giorni scorora si parla di presunti ritardi nei soccorsi: la Capitaneria di porto aveva subito smentito, ieri lo ha ribadito anche il procuratore capo di Agrigento. «Non abbiamo aperto nessun fascicolo al proposito - spiega Renato Di Natale - perché non abbiamo finora notizie di reato».
Giusto l'altro ieri l'anziano senatur leghista Bossi difendeva la legge che porta il suo accompagnato da quello di Fini. «È l'unica che possa fermare l'invasione straniera verso L'Italia». Si riferiva al reato di immigrazione clandestina, norma tutt'ora in vigore.

Laura Boldrini, presidente della Camera arrivata a Lampedusa, ribadisce che no, quella legge non funziona: va superata. Ribadisce la necessità di fare chiarezza sulla legge Bossi: «Con le misure repressive non risolveremo mai il problema: è impensabile che chi fugge da guerre e morte si fermi davanti a delle ipotesi di reato». Quindi passa alle corde del cuore. «I superstiti del naufragio di Lampedusa ci hanno chiesto di potere identificare i loro cari morti quella notte. Mettiamoci nei loro panni. Se noi avessimo perso un familiare non vorremmo sapere se quella persona è stata trovata in mare. Mi sembra una richiesta legittima e noi ci adopereremo affinché questa richiesta venga accolta».

La tragedia, soprattutto dopo le precise parole di Alfano - che da subito ha chiesto maggior impegno da parte della Ue per la sorveglianza dei nostri mari - adesso valica le frontiere. La Francia ha chiesto una «rapida» riunione dei Paesi della Comunità. Il premier Jean-Marc Ayrault ha lanciato l'iniziativa a margine di un convegno a Metz: «I politici europei devono parlare, e subito». «Sta a loro - ha aggiunto - incontrarsi per trovare soluzioni opportune. La compassione non è abbastanza». Da tempo del resto l'Italia invoca l'Europa per una maggiore assistenza sul piano della gestione del flusso di immigrati, circa 30mila sbarcati sulle sue coste solo nel 2013, un numero quattro volte maggiore che nel 2012. Anche attraverso il capo dello Stato.

«È indispensabile - aveva già sottolineato Napolitano - stroncare il traffico criminale di esseri umani in cooperazione con i Paesi di provenienza dei flussi di emigranti e richiedenti asilo. Quindi sono indispensabili presidi adeguati lungo le coste da cui partono questi viaggi di disperazione e di morte».

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