Tutti contro tutti. E tutti contro Alfano. Tira una brutta aria nel Nuovo centrodestra: personalismi, malumori e paura di non arrivare al fatidico 4% scuotono la truppa dei diversamente berlusconiani. Truppa che, letti i resoconti su tutti i quotidiani che parlano di divisioni e fratture, corre ai ripari con il seguente comunicato: «Noi, senatrici e senatori del Nuovo centrodestra, ribadiamo la nostra unità contro le faziose, e talora calunniose, campagne degli ambienti politico editoriali che ci vogliono fermare». Seguono le firme di tutti i senatori a eccezione del povero Paolo Bonaiuti. L'ultimo salito a bordo della nave e subito dimenticato nella stiva.
I mal di pancia, però, ci sono e l'insoddisfazione per la compilazione delle liste Europee è solo la punta dell'iceberg del malessere. Sul banco degli imputati c'è il leader in persona. L'accusa ricorrente: «Siamo un partito dall'impostazione troppo verticistica. Non si discute e soprattutto decide soltanto Alfano, dopo essersi sentito con i ministri». Brucia ancora la scelta di Angelino di voler candidare a tutti i costi per Strasburgo l'udiccino Cesa e il governatore calabro Scopelliti. Ma non è soltanto la scelta dell'eurosquadra a far arricciare il naso agli alfaniani. Sulle nomine Angelino è stato ingordo. Tre nomi su tutti: l'avvocato Andrea Gemma piazzato nel cda dell'Eni; il finanziere Salvatore Mancuso nel cda dell'Enel e l'amica Marina Calderone in Finmeccanica. Tutta roba sua.
L'esercito degli scissionisti è piccolo ma troppo vasto per accontentare tutti i soldati. Da qui le inquietudini crescenti. È irritato Renato Schifani, entrato in rotta di collisione con Gaetano Quagliariello. «In fondo i due non si sono mai sopportati neppure ai tempi del Pdl», confessa un anonimo forzista. Schifani, che ha fatto la seconda carica dello Stato e poi il capogruppo azzurro, scalpita. Ha fame di ruolo. È il più attivo nel premere per il matrimonio con l'Udc perché, qualora si perfezionassero le nozze e si facesse un nuovo gruppo al Senato, Schifani ambirebbe a fare il capo. Scalzando l'attuale capogruppo Maurizio Sacconi. A sbarragli la strada proprio Quagliariello che però, sulla compilazione delle liste, è uscito sconfitto: lui faceva il tifo per la ricandidatura di Erminia Mazzoni, l'asse Schifani-Alfano per Cesa.
Il rapporto con l'Udc è un altro motivo di scontro. Favorevoli alla fusione sono Alfano, Schifani e i ciellini Lupi e Formigoni. Non tutti la pensano così e la frattura interna diventa fossato quando quotidianamente partono i battibecchi via agenzia di stampa con gli ex amici forzisti. I più lesti a gettare benzina sul fuoco dell'antiberlusconismo sono Schifani, Formigoni, a tratti Cicchitto, e in genere gli alfaniani provenienti dall'ex An come Saltamartini e Piso. Meno accanita, ad esempio, la capogruppo alla Camera Nunzia De Girolamo. In tanti lamentano: «Il nostro avversario non può essere Forza Italia, con cui siamo destinati ad allearci, ma la Lega Nord». Cicchitto, invece, da vecchio socialista ha il terrore di diventare una balenottera bianca: «Non possiamo fare una piccola Dc», ripete.
L'altra grana: «Siamo troppo appiattiti su Renzi», lamentano. Critica diretta ad Alfano, reo di pensare più al governo che al partito.
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