Sembrano normali turisti, alcuni sono vestiti (o travestiti) da fanatici del trekking alpino, altri si fanno accompagnare da moglie e figli, prendono a pretesto una gitarella oltreconfine per fare acquisti negli shopping mall oppure visitare qualche mostra d'arte. In realtà sono i proprietari dei capitali che hanno ripreso a fuggire dall'Italia. Non è un fenomeno soltanto tricolore: anche da Grecia, Spagna, Cipro, Portogallo, imprese e singoli cittadini alleggeriscono i conti correnti e stipano le casseforti delle banche tedesche, svizzere, lussemburghesi, ma anche belghe e olandesi. È il segno della grande paura che l'euro crolli, che la crisi finanziaria della Grecia e ora della Spagna possa trascinare con sé anche i nostri patrimoni e i risparmi.
In due mesi dai conti correnti greci sono stati ritirati due miliardi e mezzo di euro. Dal 2009 i depositi bancari ellenici si sono ridotti del 30 per cento, più di quanto accadde in Argentina con il crac del 2001. Nei primi tre mesi di quest'anno dalle banche spagnole sono stati ritirati e portati all'estero 97 miliardi di euro, un decimo del Pil. E secondo Bankitalia ammontano a oltre 300 miliardi di euro i disinvestimenti dall'Italia verso altri Paesi negli ultimi due anni e mezzo. I denari rientrati soltanto pochi anni fa con lo «scudo» del ministro Giulio Tremonti (66 miliardi, aprile 2010) hanno inesorabilmente ripreso la via di dov'erano arrivati trascinandosi dietro altri enormi capitali.
I motivi di questa rinnovata fuga, secondo quanto ritengono gli operatori finanziari, non sono più determinati (come un tempo) soltanto dagli inasprimenti fiscali, quanto «dalla domanda di maggiore sicurezza e solidità». Il timore prevalente non è di dover pagare altre imposte sui capitali, magari la famigerata patrimoniale, ma riguarda il futuro stesso del Belpaese. Incombe anche lo spettro dello «scippo» notturno di Giuliano Amato, cioè il ripetersi del prelievo forzoso dai conti correnti che, dopo 20 anni, ancora turba i sonni degli italiani.
Sono tornati gli spalloni, personaggi dal fare insospettabile che foderano auto e zainetti di bigliettoni. Si danno da fare anche i professionisti specializzati nel maneggiare in tutta riservatezza società offshore, conti segreti e triangolazioni finanziarie. Non mancano i «tradizionalisti» che si fanno precedere da telefonate di appuntamento, arrivano con pochi soldi e affidano tutto a intermediari di fiducia. Ma quello che oggi sembra prevalere è il fai-da-te. Lo documenta un reportage del Secolo XIX di ieri. I pretesti della gita nella terra di Heidi sono una foto ricordo sul lungolago di Ginevra, la mostra di arte moderna a Martigny (16 banche e 10 finanziarie per 15mila abitanti), i saldi dei centri commerciali di Mendrisio. Poi, prima di girare l'auto verso l'Italia, la tappa d'obbligo è la filiale di un istituto bancario, uno sportello delle Poste elvetiche, o semplicemente l'«assistenza clienti di un ipermercato.
Gente all'apparenza normale. Saloni di banche svizzere piene di italiani, spagnoli, francesi in coda. Ginevra è a un'ora dall'uscita del tunnel del Monte Bianco, facile mimetizzarsi tra i turisti. «Abbiamo clientela di fascia alta, famiglie che si tramandano conti e patrimoni, industriali e professionisti che hanno guadagnato i soldi onestamente», spiega al Secolo XIX un gestore italiano che opera da 15 anni nella città del lago.
La somma minima per aprire una gestione patrimoniale in Svizzera è mezzo milione di euro. Ogni tanto si aumenta il capitale via internet e una volta l'anno si fa un salto di persona, magari durante le vacanze a Cervinia o Courmayeur. Dice un impiegato di una banca di Martigny: «Qui anche la gente che ha approfittato dell'ultimo scudo fiscale ha già riportato i soldi, in molti casi alla luce del sole e pronta a pagare l'euroritenuta del 35 per cento sui guadagni, pur di stare tranquilla».
Chi invece dispone di capitali meno consistenti si affida agli uffici postali svizzeri. Postfinance, rivela il Secolo XIX, amministra 80 miliardi di euro con i suoi conti correnti a basso costo e di facile gestione. Per aprirne uno sono sufficienti 25mila euro e non è necessario recarsi di persona oltreconfine, perché - naturalmente - si può fare tutto per posta e con un bonifico via web.
Questi conti servono poi da appoggio per ottenere carte di credito da utilizzare nelle catene della grande distribuzione o negli outlet delle griffe a prezzo scontato, e consentono anche di prelevare contanti nei bancomat di tutto il mondo.
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