
I risultati negativi dei referendum sul lavoro promossi dalla Cgil (e con l'adesione un po’ trascinata della Uil) hanno suscitato la giusta irritazione della Cisl che ha cercato di tenere aperto uno spiraglio di unità sindacale nel dialogo col governo fino all’ultimo. "Il referendum è uno strumento inappropriato per affrontare temi tanto complessi quanto delicati", ha dichiarato il segretario generale Daniela Fumarola che conferma la Cisl come l’unica grande sigla rimasta ancorata al pragmatismo riformista.
Il punto, a ben vedere, non è solo tecnico. È politico. E pure culturale. Perché a sentire Fumarola, ciò che va in scena da mesi – e culmina con questa crociata referendaria dai toni barricaderi – è l’ennesima nostalgia canaglia della sinistra più identitaria. Altro che innovazione, altro che modernità. Qui si torna a discutere come se fossimo ancora nei Consigli di fabbrica del 1975, con Landini nei panni del comiziante militante e Fratoianni a reggere il megafono, mentre Bonelli e Schlein si contendono la bandiera di un progressismo così radicale da risultare quasi caricaturale.
“Il rammarico più grosso”, ha detto Fumarola a Perugia durante il congresso dei pensionati Fnp, “è che il referendum sia stato utilizzato per un tema a cui siamo molto legati, la cittadinanza. Ma lo strumento è sbagliato. Queste battaglie si fanno in Parlamento, con la concertazione, non coi plebisciti simbolici”.
La leader della Cisl non ha mai fatto mistero di voler rimanere nella zona del merito, non del simbolico. Contratti, contrattazione, formazione, produttività, redistribuzione. In una parola: lavoro vero. E proprio qui affonda il colpo più secco: "Siamo fermi nei rinnovi del pubblico impiego perché c'è qualche sigla che non intende firmare. Intanto, il salario minimo legale rischia di schiacciare verso il basso chi già ha tutele. Serve piuttosto rilanciare la contrattazione".
Insomma, mentre Landini evoca la “lotta di classe”, Fumarola preferisce evocare le buste paga. Quelle che crescono con la produttività, non con i cortei.
Ecco allora il paradosso attuale: l’unità sindacale, quella che tanto si invoca nei giorni solenni, oggi pare più lontana che mai. Perché se un pezzo del sindacato si mette l’elmetto e corre in piazza coi nostalgici del Sessantotto, l’altro resta – responsabilmente – al tavolo, a trattare su Pnrr, transizione tecnologica e sicurezza sul lavoro.
“Serve un patto sociale tra governo e parti responsabili”, ha detto ancora Fumarola. Una proposta che punta a coinvolgere chi vuole costruire e non sfilare. Un programma che parla di giovani, donne, qualità del lavoro, ceto medio e investimenti.
Una piattaforma che, per chi ha voglia di guardare avanti, non ha bisogno né di referendum, né di vecchi slogan.Del resto, da tempo la Cisl ha capito che la nostalgia non è una strategia. Al massimo è una scenografia. E nemmeno troppo attuale.