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Il futuro di Berlusconi? "Non penso al Colle..."

Il futuro politico del Cav? Nessuna intenzione di candidarsi al Colle e nemmeno di tornare a Palazzo Chigi. Berlusconi: "Torno a occuparmi del Milan"

Il futuro di Berlusconi? "Non penso al Colle..."

Il futuro politico di Silvio Berlusconi? Nessuna intenzione di candidarsi al Quirinale e nemmeno di tornare a Palazzo Chigi. "Confermo di non avere intenzione di candidarmi per la sesta volta alla guida del governo. Continuerò ad essere il presidente fondatore del Popolo della Libertà e il primo supporter del mio partito". In una intervista con il quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth, il Cavaliere ha fatto sapere che continuerà a impegnarsi per realizzare in Italia le grandi riforme istituzionali necessarie per la governabilità del Paese.

Nell'intervista Berlusconi ha ripercorso la sua decisione di lasciare l’imprenditoria e scendere in politica, nel 1994, per "scongiurare l’instaurarsi in Italia di un regime comunista e per modernizzare l’Italia". Oggi per l'ex presidente del Consiglio la priorità è un’altra: dare allo Stato una architettura istituzionale che lo renda governabile. "Con questo governo di tecnici, proprio perché sostenuto sia dalla maggioranza che dall’opposizione - ha spiegato il Cavaliere - spero sia possibile realizzare quelle riforme che diano al governo italiano gli stessi poteri delle altre democrazie occidentali, che riducano ad una Camera il sistema di approvazione delle leggi, che delimitino infine una revisione dei poteri della Corte Costituzionale.

A chi gli chiede se oggi siano i mercati a decidere i governi e se si può parlare di un complotto internazionale nei suoi confronti, con un ruolo di Francia e la Germania, Berlusconi ha assicurato che non c'è stato alcun complotto: "La decisione di dimettermi da Presidente del Consiglio è stata frutto di un ragionamento che abbiamo svolto guardando all’esclusivo interesse del Paese. Il mio partito è stato per 18 anni, ed è ancora, il primo partito italiano". Berlusconi ha, infatti, sottolineato che il sistema dei poteri dello Stato non ha consentito all'esecutivo di governare e realizzare le riforme che sono indispensabili per consentire la governabilità e la modernizzazione del Paese, come quelle dell’architettura istituzionale, del fisco e della giustizia, che finora non sono state realizzate.

"Solo un governo tecnico sostenuto dalla maggioranza e dalla opposizione può riuscire in questa impresa - ha continuato l'ex premier - sono orgoglioso di avere avuto il coraggio di quella decisione, alla quale non ero tenuto perché il mio governo godeva e gode ancora della maggioranza in Parlamento e non è mai stato sfiduciato".

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