Gabriele cita l'ex vice camerlengo e il vicario del Vaticano, ma fa accuse vaghe

Gabriele cita l'ex vice camerlengo e il vicario del Vaticano, ma fa accuse vaghe

RomaE finalmente venne il giorno di Paolo Gabriele. Il maggiordomo di Benedetto XVI, accusato di furto aggravato, ha parlato durante la seconda udienza del processo a suo carico. Dopo l'isolamento carcerario e il silenzio imposto dai suoi legali una volta torna a casa ai domiciliari, a «Paoletto» è stata data finalmente la parola per offrire la sua versione. «Riguardo al furto aggravato - ha detto il maggiordomo davanti alla corte presieduta da Giuseppe Dalla Torre - mi dichiaro innocente. Mi sento colpevole solo per aver tradito la fiducia che aveva riposto in me il Santo Padre». Nel corso della deposizione, «Paoletto» ha poi spiegato di non avere avuto complici nel suo maldestro tentativo di far uscire dall'appartamento privato del pontefice carte e documenti privati. Tuttavia Gabriele, rispondendo al presidente Dalla Torre e al promotore di giustizia Nicola Picardi, ha ricordato che nel corso degli interrogatori cui è stato sottoposto durante la fase istruttoria aveva «fatto il nome di altre persone con cui era entrato in contatto» che, però, rimarrebbero fuori dalle responsabilità dirette su ciò di cui viene accusato. Il maggiordomo del papa ha inoltre raccontato con dovizia di particolari come si è procurato i documenti e di averli fotocopiati nell'ufficio stesso dei due segretari del papa anche durante l'orario di servizio. Il momento saliente dell'udienza è però l'intervento con il quale il presidente Della Torre ha tentato di arrivare al nocciolo della questione, vale a dire se Gabriele ha compiuto davvero il tradimento in solitudine o se è stato spinto o aiutato da altri. E il primo nome sul quale si appunta l'attenzione del presidente è quello del cardinale Paolo Sardi. Un nome importante e che già quest'estate era uscito, insieme con quelli del vescovo Joseph Clemens e della governante Ingrid Stampa, come presunti ispiratori del «corvo». «Il cardinale Sardi per lei era una specie di guida spirituale?» tuona Dalla Torre. È la prima volta che nell'inchiesta su Vatileaks compare ufficialmente il nome di un cardinale. E non di uno qualsiasi, visto che si tratta addirittura dell'ex vice camerlengo, che ha diretto a lungo l'ufficio dove vengono redatti i documenti papali. «Sono stato suggestionato - questa la risposta dell'imputato - da circostanze ambientali, in particolare dalla consapevolezza di trovarmi in uno Stato in cui c'erano misteri non risolti. Ho avuto molti contatti, ricevuto molte confidenze». E fa anche i nomi del cardinale Angelo Comastri e del vescovo di Carpi,Francesco Cavina. Persone, in buona sostanza, che già facevano parte, a vario titolo, dell'entourage di papa Ratzinger quando era prefetto della Congregazione vaticana per la Dottrina della Fede. E che, secondo fonti vaticane, erano entrate in ombra una volta che Ratzinger era divenuto papa. Secondo quanto si può capire, gli interrogatori della fase inquirente avrebbero portato alla luce un articolato quadro di ripicche e gelosie. E l'attenzione degli inquirenti potrebbe puntare proprio su questa ricostruzione, una volta archiviata la posizione di Paolo Gabriele.
Scontata, invece, la deposizione di monsignor Georg Gaenswein che ha ricordato come sono nati i suoi sospetti sul corvo, una volta letto il libro di Gianluigi Nuzzi, e come la sua fiducia su Gabriele sia crollata dopo l'ammissione di colpa di quest'ultimo.
Intanto ha fatto rumore la denuncia con la quale lo stesso Gabriele ha iniziato il suo interrogatorio di ieri mattina.

Ha parlato di alcune grave violazioni dei diritti del detenuto, in base alla quale il Tribunale ha stabilito di aprire un fascicolo a parte per indagare su quanto denunciato. Gabriele sarebbe stato trattenuto per una ventina di giorni in una cella dove non riusciva ad aprire le braccia tanto era stretta e in cui la luce è rimasta accesa 24 ore su 24.

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