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"Gadget nazisti al mercatino". L'ultima ossessione dem

L'ex responsabile cultura del Pd nazionale si indigna per l'esposizione di alcuni cimeli nazisti in un mercatino di Bologna. Due ambulanti polacchi sono stati invitati a togliere quella merce

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Dopo il fascismo immaginario ricercato nei meandri della politica, ecco l'inverosimile nazismo rintracciato tra le chincaglierie di una bancarella. Nel weekend appena trascorso a Bologna è scattato l'allarme rosso: l’ex responsabile cultura del Pd nazionale, Davide Di Noi, ha denunciato sui social la presenza di alcuni "gadget nazisti" al mercatino dell'antiquariato di Piazza Santo Stefano, nel cuore del capoluogo emiliano. Il tutto documentato da uno scatto prontamente rilanciato in rete, nel quale si vedono spille e oggetti d'epoca risalenti al periodo dei totalitarismi del Novecento. Materiale storico, non classificabile dunque come uno strumento di propaganda di qualsivoglia dittatura (ormai per fortuna sconfitta).

Eppure, quell'oggettistica d'antiquariato ha destato l'indignazione dell'ex dirigente dem. "Al mercatino di Piazza Santo Stefano, a Bologna, vendono gadget nazisti. Tutto bene? Io sono senza parole. Non è possibile", ha scritto Di Noi sui social. Ma il suo sgomento è stato accolto con una certa freddezza e in alcuni casi è stato comprensibilmente smorzato. "La storia non si cancella, il nazismo è esistito, vendere gadget non vuole dire condividere o accettare quello che ha fatto, cerchiamo di ragionare", ha osservato un utente nei commenti. E un altro: "Nei negozi di collezionismo e affini li ho trovati ovunque. Direi che non è illegale". "Ragazzi ma la storia va ricordata e non va cancellata, la vendita di militaria non vuol dire incentivare al fascismo o nazismo. Bisogna saper anche un attimo essere consapevoli e comprendere la differenza fra distruzione indiscriminata di reperti storici e disincentivo alla propaganda politica errata", si legge in un'altra reazione al post.

Nonostante quelle osservazioni di buon senso, tuttavia, Di Noi ha ribadito il proprio sconcerto. "Ragazzi un conto è un museo, un altro un mercatino in una delle piazze centrali della città, dove questi oggetti vengono venduti", ha chiosato ancora l'ex esponente del Pd nazionale. Secondo quanto riferisce Il Resto del Carlino, pare che le lamentele del giovane abbiano contribuito a far scattare una reazione: il comitato organizzatore del mercatino bolognese ha infatti chiesto ai gestori della bancarella - una coppia di polacchi del tutto ignara dello "scandalo" provocato - di rimuovere quella merce.

Sui social massima soddisfazione dell'ex rappresentante Pd: "Sono felice, però, di essere una persona che ha contribuito a fermare la vendita di gadget nazisti e fascisti". L'episodio, per quanto riconducibile a un contesto circoscritto, suscita però qualche riflessione più generale sulla crociata contro i cimeli storici: non è forse anche questa un'espressione di quella deleteria cancel culture che confonde il passato con la propaganda politica e che vorrebbe eliminare le tracce di quel che è stato? Informiamo gli indignados che nei mercatini d'antiquariato si ritrovano anche pagine storiche di giornale che raccontano il Ventennio in chiave apologetica: dovremmo bandire anche quelle?

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